“Ci uei bidi l’annata granosa, Natale ssuttu e Pasca muddhrata” (“se vuoi vedere un’annata ricca, Natale asciutto e Pasqua bagnata”): è uno dei proverbi che gli anziani seduti intorno allu rueddhrulu su cui poggiava il braciere recitavano ai bambini che ascoltavano incantati le pillole di saggezza e le storie allegre e tristi dei nonni, come fossero splendide fiabe.
Domattina 21 dicembre alle 7:20 circa, su Raiuno, andrà in onda il servizio dedicato alla cartapesta leccese.
Una piccola firma, difficile da individuare, si mescola alle tessere del mosaico e si rivela solo ad uno sguardo attento. Il Mosaico della lupa è così celebre per i Leccesi quanto poco conosciuto è invece il suo autore.
Il suo nome sarebbe rimasto oscuro se ella non lo avesse illustrato, eseguendo la volontà del marito Bernardino Verardi, che nel testamento rogato in Lecce l’11 dicembre 1679 l’aveva incaricata di istituire nel suo palazzo un conservatorio nel quale potessero rinchiudersi senza professare voti, vestire l’abito claustrale e seguire regola monastica le dame di dieci famiglie aristocratiche di Lecce: Verardi, Paladini, Cicala, Personé, Bozzicorso, Bozzicolonna, Venturi, Prato, Guarini e Scaglione.
A due personaggi del casato dei Larducci, entrambi nativi di Salò, fonti dirette e coeve attribuiscono rilevanti lavori per impegno monumentale ed abile tecnica.
L’unico lavoro, documentato, che si conosce di Michele Coluccio è la chiesa di Santa Maria della Grazia, che egli realizzò in Lecce, città nella quale era stabilita la comunità religiosa dei teatini alla quale apparteneva, l’ultimo decennio del Cinquecento.