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Era il 21 ottobre 1915, di sera che quasi tramontava. Sul Monte Cappuccio spirava un vento freddo e triste, che già sapeva di autunno inoltrato. L’artiglieria imperiale cannoneggiava maledettamente, facendo mulinare in aria intere zolle di terra. Lì, tra i soldati italiani, stava anche il caporal maggiore Gennaro Valerio, classe 1884, nativo di Turi.

 

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Arnesano è un po’ come se fosse la Terra Santa dell’arcidiocesi di Lecce. A renderla tale è senza dubbio la presenza del Crocifisso miracoloso che nel 1848 liberò il paese da una terribile epidemia.

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Millenovecentocinquanta anni e non sentirli. Tanti ne sono trascorsi infatti dal 68 d.C., anno in cui la tradizione fissa il transito di Sant’Oronzo, riconoscendo in tale figura non solo il primo battezzato della nostra terra ed il primo vescovo di Lecce ma addirittura uno dei più remoti martiri del Cristianesimo.

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 Un tratto caratteristico che la devozione pugliese ha attribuito nel corso dei secoli a Sant’Oronzo è il suo intervento volto a scongiurare epidemie, tempeste di fulmini e terremoti. Il primo caso risultò decisivo per il patronato su Lecce.

 

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È noto come, in passato, la figura di Sant’Oronzo sia stata adoperata da parte leccese per contrastare l’egemonia della sede di Otranto. I vescovi della città idruntina hanno infatti sempre goduto del titolo di “primati del Salento” ed ancora sino a poco tempo fa indossavano il pallio dei metropoliti.

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 Botrugno, nell’arcidiocesi di Otranto, è contrada prettamente bizantina. La bella chiesa dedicata alla Vergine di Costantinopoli, quella dell’Assunta, la cappella rurale dell’oscuro San Solomo, sono testimonianze eloquenti delle sue radici greche.

 

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