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Le statistiche non mentono. Il Cittadella, pur rimaneggiato e francamente meno forte degli scorsi anni, è sempre la bestia nera dei salentini.

 

 

Così chi pensava che la gara coi veneti fosse una passeggiata di salute si sbagliava di grosso e per rendersene conto bastavano 58 secondi, quando tra Tuia e Lucioni si infilava al limite dell'area Antonucci, che piazzava un colpo da biliardo appena entrato in area e portava in vantaggio i veneti.

La partenza ad handicap inorgogliva il Lecce che si buttava a capofitto in avanti, iniziando a imbastire azioni pericolose sia sulle fasce, sia per vie centrali. Era il solito Strefezza, mobile su tutto il fronte offensivo, a creare i primi grattacapi agli ospiti, ma, al 3', il suo tiro dal limite dell'area colpiva la traversa (che fa il paio con quella di Lucioni a 5’ dalla fine della partita con i Giallorossi che tentavano gli ultimi assalti per riaprire la gara). Qualche minuto dopo su una sgroppata di Gallo era Majer ad avere il pallone sul secondo palo, ma il suo colpo di testa era troppo debole.

Baroni aveva provato a mischiare le carte e a proporre un Lecce aggressivo e veloce. Gendrey e Gallo erano i terzini, il centrocampo era rinnovato dagli ingressi dell'ex Gargiulo e il rientro di Majer, mentre in avanti il tridente offensivo prevedeva Listkowski a sinistra.

La spinta iniziale dei giallorossi, alla ricerca del pari, si affievoliva col passare dei minuti e il Cittadella collezionava angoli e pareggiava anche il conto dei pali. Gli ospiti poi impedivano ai leccesi di aumentare il ritmo, francobollando Strefezza e fermandolo con le maniere forti. L'arbitro, all'inizio permissivo, cominciava a prendere provvedimenti, ma il Lecce non riusciva a sfondare. Gendrey era poco propositivo a destra, Coda si sfiancava nel ricucire la manovra, Gargiulo si inseriva con continuità ma era impreciso nei gesti tecnici.

Gallo e Listkowski si proponevano maggiormente sulla sinistra ma i veneti prendevano le adeguate contromisure. Si mettevano con il centrocampo a rombo e mentre lasciavano spazi sulle corsie esterne, facevano densità nell'asse centrale del campo. Al Lecce mancava ritmo e poi i veneti non perdevano occasione per far trascorrere il tempo. Indietro, non correvano troppi rischi, anche perché Kastrati rinviava sempre lungo e la manovra non partiva mai dal basso. In questo modo, il Cittadella limitava i rischi e apprendeva a rispondere così al pressing dei salentini.

Nella ripresa, Baroni correva ai ripari cambiando subito Gargiulo (troppo impreciso) per Helgason e cercando di dare linfa al centrocampo, dove anche Hjulmand non brillava.

Dopo 15' di apnea, il Lecce effettuava due cambi offensivi. Calabresi sostituiva lo spento Gendrey e Ragusa subentrava a Majer.

Il Lecce usciva dalla sua tana, ma era sempre inconcludente. Il Cittadella dava però segni di stanchezza, anche per la mancanza di cambi adeguati per Gorini.

Gabriel sbagliava una clamorosa uscita mettendo in apprensione la difesa, ma per lo meno il Lecce era finalmente più arrembante e costringeva gli ospiti nella propria metà campo. Nella maggior fase di spinta, il Lecce prendeva però il secondo gol: Tuia perdeva un pallone velenoso da ultimo uomo e Tounkara, tutto solo, insaccava.

Nonostante il passivo la Nord incitava i salentini nella speranza di ribaltare la gara, ma non era giornata. E nemmeno il guizzo di Coda che riapriva la partita a due minuti dalla fine, né tantomeno l’assalto finale alla porta di Kastrati cambiavano le sorti di una partita nata male.

Il vento soffiava sempre più rigido al Via del Mare e i tifosi giallorossi rabbrividivano nel vedere un Lecce timido, spento e poco lucido. L'ingresso di Rodriguez dava movimento all'attacco ma serviva un episodio per riaprire la gara.

La sconfitta, purtroppo meritata, non deve scoraggiare il Lecce, perché la giornata storta può sempre capitare. Niente drammi, allora. A Monza, domenica prossima, però ci vorrà una prestazione completamente diversa.

 

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