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È una notizia che ha fatto il giro del web nelle ultime settimane. Parte da un’inchiesta del Wall Street Journal e svela degli inquietanti retroscena che rischiano di minare l’autorevolezza morale di Zuckerberg.

 

 

 

Da anni Facebook è a conoscenza delle modalità attraverso le quali i propri social media (Facebook ed Instagram) influiscono negativamente sullo stato di benessere fisico, psicologico e sociale dei propri iscritti, con particolare durezza verso i più giovani.

L’inchiesta in oggetto è basata sulla revisione di una serie di documenti interni a Facebook, inclusi rapporti di ricerca, discussioni online tra dipendenti, bozze di presentazioni preparate per i manager senior e per il board direttivo. Un’indagine che scava negli ultimi anni di attività di quello che è diventato un vero e proprio colosso globale.

I documenti in mano ai giornalisti del Wall Street Journal dimostrano che, negli anni, la consapevolezza in merito agli effetti negativi della piattaforma sugli utenti è via via aumentata. Ma, nonostante ciò, e nonostante le molteplici udienze in Parlamento, le numerose rivelazioni dei media, lo scandalo Cambridge Analytica, ecc., Facebook non ha mai risolto e sistemato le cause, pur conosciute, di questi effetti.

Ad esempio: da anni Facebook è a conoscenza che Instagram, social network di sua proprietà, ha un effetto tossico per le adolescenti. I ricercatori di Facebook hanno studiato quale fosse l’effetto della condivisione delle foto su Instagram per l’audience più giovane, con risposte di considerevole impatto: sarebbe infatti alla base di disturbi di comportamenti alimentari, depressione, auto isolamento, fino a sfociare in veri e propri pensieri suicidi. Nonostante ciò, le ricerche non sono mai state rese pubbliche, anzi, a chiunque avesse da ridire sui probabili effetti negativi di Instagram sugli adolescenti, Facebook ha sempre risposto sminuendo il problema.

Una slide diffusa nelle chat interne all’azienda nel 2020 ha evidenziato che  “Il 32% delle adolescenti dicono che quando hanno pensieri negativi sul proprio corpo, Instagram le fa sentire peggio»

Facebook inoltre è a conoscenza del fatto che nei paesi in via di sviluppo, dove la base di iscritti è in continua espansione, le piattaforme social sono usate a scopi non umanitari. In Medio Oriente, il sito è utilizzato per attirare le donne verso la prostituzione. In Etiopia, il social network è utilizzato per il reclutamento dei gruppi armati e per l’incitamento all’odio contro le minoranze etniche. Tuttavia, la risposta dell’azienda è sempre stata inadeguata e, in molti casi, addirittura nulla.

Nonostante l’azienda abbia già risposto alle accuse mosse dal Wall Street Journal garantendo maggiore collaborazione e trasparenza, gli utenti chiedono maggiori garanzie. Nel frattempo ognuno può fare la sua parte, monitorando, segnalando, vigilando.

E per dirlo con le parole dell’ultima canzone di Gabbani: “Incuriosirsi della vita di ogni altro per aumentare i tuoi seguaci e fare il salto, mostrando un volto che tu in fondo non conosci. Scappare come pesci e rimanere, tutti i giorni in rete.

La rete è una condizione mentale in cui a volte ci ritroviamo intrappolati, complice l’autosuggestione distorta spesso fornita dall’avere un’identità sdoppiata nel web.

“Acquisire la consapevolezza che i nostri pescatori siamo proprio noi stessi è un primo passo verso la liberazione, perché spesso siamo noi la causa del nostro essere intrappolati.

 

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