Dopo aver ascoltato la testimonianza della prof.ssa Letizia Mazzella, già docente prezzo l’Università del Salento, durante l’ora di preghiera che ogni terzo giovedì del mese si svolge nella chiesa parrocchiale del Sacro Cuore di Lecce - proprio davanti alla tomba che raccoglie i resti mortali della Venerabile Luigia Mazzotta - naturale è sorto l’impulso a partecipare a quante più persone possibile quell’esperienza straordinaria. Anzi, senza mezzi termini, soprannaturale. Ecco, dunque, il senso di questa intervista.
Professoressa, lei da ragazza non aveva mai sentito parlare di Luigia Mazzotta, morta nel lontano 1922…
No, non conoscevo affatto l’esistenza di Luigia Mazzotta. L’ho scoperta nella circostanza straordinaria della mia guarigione. I fatti risalgono al 1967 (quindi ben 45 anni dopo la morte della Venerabile), quando dopo sette lunghi anni di attesa è arrivata la mia prima bambina. Fu una gravidanza tranquilla, che però si è conclusa con un parto complicato e tragico. Mia figlia è nata il 30 settembre 1967; dopo una settimana di degenza sono tornata a casa e il 15 ottobre improvvisamente sono stata colpita da trombo flebite acuta alle safene delle gambe, che in quel momento diventarono nere e gonfie, come fossero tronchi d’albero. Non avvertivo più alcuna sensibilità. Sono stata costretta a stare a letto a casa, perché allora all’ospedale non c’era il reparto di rianimazione. Fu la mia camera da letto ad essere attrezzata per l’emergenza, con la divisione del letto matrimoniale e le gambe tenute sempre al caldo e spalmate di creme. Ogni giorno veniva il dott. Pignatelli a somministrarmi eparina e a fare gli esami del sangue per i controlli.
Poi che cosa è accaduto?
Dopo qualche tempo entrai in uno stato comatoso, e sono rimasta così fino a dopo l’Epifania dell’anno successivo. Di quel periodo ricordo solo viaggi fatti in una grande luce e ricordo anche che il pediatra mi costringeva ad allattare la mia bambina, come fosse un modo per richiamarmi alla sensibilità della vita. I miei familiari mi sorvegliavano giorno e notte perché i medici avevano detto che sarei potuta passare, inavvertitamente, dallo stato comatoso alla morte. Una mattina mi sono svegliata e mi sono meravigliata del cambiamento che c’era nella mia camera; era una mattina presto e quando ho visto mia madre ai piedi del letto l’ho chiamata e lei si è messa a piangere. Ha subito chiamato mio marito, al quale insistentemente chiedevo di lasciarmi alzare. Entrambi cercavano di tenermi tranquilla, e intanto telefonavano ai vari medici che mi avevano in cura: il dott. Francesco Ripa, medico di famiglia; il dott. Muratore come specialista; il dott. Pignatelli come medico analista e anche il dott. Caretti, come ginecologo. Nel frattempo, io ho alzato le coperte e le mie gambe erano ritornate normali. Il dott. Ripa rivolgendosi ai suoi colleghi disse: “Siamo testimoni di un miracolo”.
Fu quindi un miracolo?
Penso proprio di sì, perché fin dal precedente 15 ottobre non avevo alcuna consapevolezza di quello che era accaduto. Espressi il desiderio di alzarmi, e mentre tutti erano contrari il dott. Ripa mi disse di provare. Appena mi alzai crollai accanto al letto senza avvertire la sensibilità delle gambe. Poi lentamente, con dolori atroci (avevo le gambe come trafitte da punture di spilli) riuscì ad alzarmi e a fare circa tre passi per raggiungere la poltrona che era ai piedi del letto. A quel punto il dottore ripeté: “Questo è un miracolo”. Ho quindi cominciato la riabilitazione ringraziando il Signore e tutti i santi di cui ero devota. Ma senza mai pensare a Luigia Mazzotta, che allora neppure conoscevo.
Dunque come entra in questa vicenda la Venerabile?
Il 15 ottobre successivo, dopo la guarigione - era il 1968 - proprio nel giorno dell’anniversario dell’inizio della mia malattia, verso le 4 del mattino, ho visto ai piedi del letto una giovane donna, vestita umilmente e con uno scialle in testa. Tra veglia e sonno le ho chiesto: “Chi sei?”. Mi ha risposto: “Sono Luigia Mazzotta, beata per volontà del Signore. Sono stata io intermediaria della tua grazia, e ho fatto questo così come Melina - tua cognata - mi ha chiesto nella preghiera: che tu fossi salva e che tu potessi camminare!”. E infatti allora erano ben due i problemi: che morissi o che restassi per sempre su una sedia a rotelle…
Quindi sua cognata Melina conosceva la fama di santità di Luigia Mazzotta?
Sì. Mia cognata Melina, molto più grande di me, da bambina era stata dalla “mescia” Luigia Mazzotta per imparare il catechismo. Allora abitavano vicino ai Mazzotta, sulla Via Leuca. Io ho ringraziato Luigia e le ho chiesto cosa potevo fare per Lei. Mi rispose: “Fate luce sulla mia tomba”.
Le disse altro?
No, nient’altro. A quel punto mi alzai dal letto e scesi subito al piano di sotto, dove abitava mia cognata Melina, per chiederle chi mai fosse questa Luigia Mazzotta. Mai, infatti, me ne aveva parlato prima di allora. A quel punto mia cognata scoppiò a piangere, e io le raccontai tutto quello che avevo visto. Mi confermò che insistentemente aveva chiesto per me la grazia alla giovane con lo scialle in testa… Da quel momento è nata la mia profonda devozione per la Venerabile, tanto che la mia seconda figlia si chiama Luigia, e la festeggiamo proprio il giorno della nascita al cielo della Luigia Mazzotta.
Professoressa Mazzella, lei ha insegnato per quasi 50 anni all’Università di Lecce. Dunque, è una donna di scienza. Le è mai venuto il dubbio che si sia trattato solo di un sogno, di una fortunata coincidenza o comunque di una suggestione?
No, anche perché tutte le analisi mediche non permettevano una spiegazione diversa dal miracolo, come prontamente ebbe a dire il dott. Ripa. Inoltre, la stessa modalità della guarigione ha dello straordinario. Luigia Mazzotta si è presentata ad un anno di distanza dall’inizio della malattia: esattamente nell’anniversario. Mai nessuno, se non mia cognata Melina nel nascondimento del suo cuore, aveva implorato la grazia alla Venerabile di Via Leuca. “Falla vivere e falla camminare”, chiedeva. E io ancora oggi - per grazia ricevuta da Luigia Mazzotta -vivo e cammino.
Che messaggio può dare oggi la Venerabile Luigia Mazzotta al mondo e alla Chiesa?
Avere fede. Una fede di roccia…