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In occasione del 70° anniversario di ordinazione sacerdotale del card. Salvatore De Giorgi che si celebra oggi 28 giugno, Portalecce pubblica i contributi di alcuni sacerdoti che gli sono stati più vicini lungo tutto il suo ministero. Di seguito l’intervento di don Fernando Doria, parroco di San Vincenzo de’ Paoli in Lecce e vernolese di origini, come il porporato.

 


 

Ho condiviso con don Salvatore 45 anni di ministero sacerdotale, di amicizia, di vicinanza e di collaborazione. Ho avuto la fortuna di iniziare il mio cammino di presbitero vivendo una stupenda esperienza pastorale nella parrocchia di Santa Rosa come viceparroco dell’indimenticabile don Vito De Grisantis. Erano gli anni in cui Santa Rosa, in coincidenza con il Concilio Vaticano II, era diventato il laboratorio pastorale per l’intera comunità diocesana grazie alla presenza e al ministero di don Salvatore che aveva fondato, costruito e plasmato tutta la vita della comunità.

Don Vito e don Salvatore diventarono per me, inesperto sacerdote, gli amici di riferimento spirituale e pastorale. Fui accolto a braccia aperte a Santa Rosa anche per la mia origine vernolese che a tutti ricordava l’indimenticabile don Salvatore, mio concittadino, da alcuni anni vescovo.

Ho vissuto quindi un contagio benefico che mi ha dato la possibilità di aprire gli orizzonti delle mie esperienze pastorali soprattutto quando ho dovuto iniziare una nuova missione nella parrocchia di San Massimiliano Kolbe, nella Zona 167/B di Lecce.

La richiesta rivolta a mons. Mincuzzi di iniziare una esperienza “da zero”, l'idea di iniziare e di svolgere il mio ministero in quella zona nelle case, negli scantinati; la decisione di celebrare per tre anni  l’eucaristia sui marciapiedi e sotto un porticato e di fare la catechesi nelle stanze condominiali e infine  la decisione, condivisa dall’arcivescovo Mincuzzi, di realizzare in Piazzale Cuneo una “chiesa tenda” che per undici anni ha aggregato, unito e formato la comunità parrocchiale e tutto il faticoso cammino per costruire la nuova chiesa, non furono una decisione di un prete di periferia che voleva fare esibizione di creatività o di “strano” spettacolo.

Non era neanche espressione di un “coraggio pastorale” nella zona dove imperversava la “quarta mafia” ma di un “contagio pastorale” che avevo imparato da don Salvatore e don Vito grazie alla loro passione missionaria fondata sempre sull’arte del ricominciare.

La prima cosa che mi ha colpito di don Salvatore è stata la passione e l’amore per la periferia. Di ogni periferia o ci si innamora o bisogna aver paura.

Caro don Salvatore la tua periferia era ed è innamorata di te. Oggi, in seguito ai ricorrenti riferimenti di Papa Francesco alle periferie, tutti, vescovi e preti ci siamo impadroniti di questo dizionario pastorale e non c’è discorso che non contenga questi riferimenti geografici ed esistenziali. Ma molti, vescovi o preti, le periferie le hanno viste solo in cartolina o su Google maps.

Grazie perché mi hai fatto innamorare di tre grandi periferie della nostra città dove ho svolto e svolgo il mio ministero: Prima Santa Rosa, in seguito San Massimiliano Kolbe alla 167/B e infine la parrocchia di San Vincenzo de Paoli.

Mi ha colpito la passione per l'evangelizzazione che si serve di ogni mezzo e di ogni iniziativa per incontrare ogni uomo; che sa valorizzare l’originalità di ciascuno, senza mai definire strano ciò che invece è originale, unico e irrepetibile perché opera del soffio dello Spirito che soffia dove vuole.

Mi è venuto in mente il saggio scriba del vangelo che sa estrarre dal suo tesoro cose antiche e cose nuove. Grazie anche per questa lezione di vita pastorale, caro don Salvatore.

Un elemento fondamentale nella vita pastorale è l’attenzione verso tutti. Una comunità che fa sentire tutti utili e importanti: piccoli e grandi, soprattutto ultimi e dimenticati, profuma di Gesù.

Oggi i social ci hanno abituato ad accorciare le distanze fisiche e a rendere immediate le ricerche e le aggregazioni dei gruppi ma è stato molto bello essere stati formati a una vita pastorale che esigeva di andare di casa in casa muovendo i piedi, di bussare alla porta per trovare le famiglie, di andare negli ospedali per cercare e confortare i malati, di fermarsi all’uscita della chiesa per salutare tutti e far sentire importante ciascuno, di sostare nei crocicchi delle strade e vivere l’esperienza di essere “Chiesa di strada” e di far giungere gli auguri nel giorno del compleanno, dell’onomastico, dell’anniversario di matrimonio e sentire le esclamazioni: “don Salvatore si ricorda di me”, “il mio parroco si è ricordato di me. Auguri di vero cuore.

 

Forum Famiglie Puglia