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Protagonista della routine quotidiana, attento e silenzioso scrutatore della vita degli indifferenti passanti, punto di riferimento delle nuove generazioni e perno della storia artistica post napoleonica, l'obelisco, che fronteggia l’arco di Porta Napoli, si erge impassibile alle vicende della nostra amata città.

 

 

 

Ricordo della Lecce Borbonica, fu eretto tra il 1822 e il 1849 per celebrare il ritorno sul trono di Ferdinando I, segnando un nuovo inizio dopo l'esperienza francese. Per i forestieri diviene il perno di una bussola immaginaria che collega le strade per i vari distretti della Terra D'Otranto, per i Leccesi, invece, assume un duplice significato, spezzando in due l'opinione pubblica della classe dotta: per i fedeli alla Corona il simbolo di un futuro radioso, per i repubblicani quello della tirannia.

L'intento della monarchia era quello di cancellare il passato ed esaltare un Re che, scortato a Napoli dalle baionette Austriache qualche anno prima, era divenuto assai impopolare già prima della caduta dell'Imperatore Corso. Ma come è noto, questo non può avvenire, il progredire dei tempi è inarrestabile e la fusione tra le due “ere” è concretizzata nello stile dell'obelisco stesso.

Realizzato dallo scultore Vito Carluccio, l'ispirazione è tratta dal monumento napoleonico che celebra la vittoria ad Arcole; l'obelisco, infatti, di tipica tradizione egiziana, sin dai tempi antichi diviene il simbolo della vittoria che avvicinava la gloria terrena del condottiero a quella celeste degli dei. Per il nostro scultore la scelta del materiale ricadde sulla pietra leccese, simbolo dell'architettura sacra e profana della città; il ché creò molti problemi allo stesso, in quanto i carbonari, come simbolo di protesta erano soliti rubarlo per interromperne i lavori di costruzione; da qui durante il Risorgimento divenne il simbolo dell'oppressione del Borbone.

Alto poco meno di 10 metri è fregiato di numerosi dettagli, minuziosamente scolpiti con saggia maestria. Poggia su un basamento quadrato, contornato da tre gradini su ogni lato con un parallelepipedo sull'ultimo a base quadrata che decorano l'intera struttura. Maestoso domina lo stemma d'Aragona, con le quattro bande doganali, simbolo della Terra d'Otranto. In basso, molto evidente, il delfino che annienta la mezzaluna turca, in ricordo delle scorrerie saracene sconfitte dalle navi cristiane. Inoltre, le quattro facciate del tronco piramidale sono decorate coi simboli dei rispettivi distretti della Terra D'Otranto: la lupa leccese, il gallo gallipolino, il cervo brindisino e lo scorpione tarantino, con l'orientamento geografico in direzione delle varie città. All'apice della colonna fu scolpita la costellazione del Leone decorato con otto stelle che abbraccia da lassù la nostra terra.

L'obelisco è divenuto, sin dalla sua costruzione, il guardiano della città, che accanto a Sant'Oronzo protegge la città da secoli da sguardi indiscreti e dal futuro imperscrutabile che attende tutti noi.

 

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