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La «cura» è uno stile pastorale. Lo ha sottolineato il card. Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero delle cause dei santi, durante la messa presieduta presso l’ospedale Fatebenefratelli Isola Tiberina - Gemelli Isola.

 

 

 

Nell’omelia il porporato ha fatto riferimento alla compassione cristiana in cui si inserisce anche l’attività dell’ospedale romano. È in questa compassione, ha sottolineato, che si esprime e si mostra pubblicamente il volto di quella Chiesa «ospedale da campo» di cui parla Papa Francesco. Il cardinale ha ricordato, tra l’altro, il messaggio del Pontefice per la Giornata mondiale del malato del 2018, il cui tema - riletto oggi - introduce significativamente al Triduo pasquale. In quel testo, infatti, Francesco «spiegava il servizio della Chiesa ai malati e a coloro che se ne prendono cura alla luce delle parole che Gesù, innalzato sulla croce, rivolse a sua madre Maria e a Giovanni». Sono parole che non soltanto illuminano profondamente il mistero della Croce, ma che pure «diventano regole costitutive della comunità cristiana e della vita di ogni discepolo».

Sempre riferendosi a quel messaggio, Semeraro ha ricordato che il Papa mette in guardia da alcuni gravi rischi, come quello «dell’aziendalismo, che in tutto il mondo cerca di far entrare la cura della salute nell’ambito del mercato, finendo per scartare i poveri», e richiama la necessità che la persona del malato «venga rispettata nella sua dignità e mantenuta sempre al centro del processo di cura». Queste indicazioni del Pontefice, ha detto, sono il “programma” di quanti operano nel Fatebenefratelli. E in questo titolo che appartiene alla denominazione originaria della struttura il porporato ha individuato «una bella provocazione», fondata sul «comando dell’amore del prossimo» che è al cuore del cristianesimo.

Il card. Semeraro ha spiegato cosa significhi amare l’altro come se stesso. «Ho francamente l’impressione - ha confidato - che nei commenti questo parallelo sia abitualmente aggirato, evitato, tanto è strano».  L’amare se stessi, ha spiegato, «non è narcisismo, ma riconoscere nel povero, nel malato e nel bisognoso il volto di Cristo». Il cristiano «ama se stesso, come Cristo lo ha amato: ossia donando se stesso al prossimo, soprattutto se è nel bisogno».

(da L’Osservatore Romano)

 

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