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Ringrazio il Signore per la fraternità che mi lega a don Vito, nata in una lontana notte durante la quale bussò alla porta della mia casa chiedendomi di celebrare il Sacramento della Santa Unzione degli infermi al nonno morente.

 

 

Io, allora, ero parroco a San Pietro in Lama e lui un giovane cristiano desideroso che il suo caro nonno ricevesse il sacramento, prima di tornare alla Casa del Padre.

Sono trascorsi tanti anni e nel frattempo il Signore ha chiamato Vito al ministero sacro per presiedere una porzione del popolo santo di Dio come parroco ed ultimamente ad essere il primo collaboratore del vescovo nella guida della nostra amata Chiesa diocesana.

Sacerdote entusiasta della chiamata; grato per il dono di essere portatore-sacramento della Parola che illumina, dei sacramenti che corroborano e servo della carità che edifica e rinsalda l’appartenenza alla Chiesa e che attira a Cristo i tanti che sentono dal profondo la nostalgia di Dio ed il desiderio di entrare nel suo cuore, dove abita la pace, la riconciliazione, il dono, la fraternità.

Un giovane, allora, affascinato da Cristo, desideroso di appartenergli da sempre, anche se non c’era in lui, ancora, la capacità di ascoltare nel profondo la chiamata alla sequela radicale di Cristo sacerdote, fonte di felicità attraverso il dono di sé perché gli altri avessero vita.

Il Signore Gesù è entrato nella sua vita da “Signore” al quale obbedire, condividendo le sue ansie, i suoi progetti, il suo desiderio di offrire ciò che l’uomo desidera di più: la pace del cuore, come diciamo nella celebrazione eucaristica: “Agnello di Dio che togli i peccati del mondo, dona a noi la pace” (dalla liturgia).

Sì, il sacerdote è il sacramento della pace di Cristo; di Cristo pace degli uomini: la pace che non nasce dal cuore umano ma dall’Alto, da Colui che è la pace, come la Chiesa dice nella liturgia: “…donaci la tua pace” (dalla liturgia).

Per questo il sacerdote è l’uomo pacificato e portatore della pace del Risorto.

Don Vito è stato chiamato a costruire la pace del Signore, non da solo, ma in comunione con il vescovo, con i fratelli presbiteri e con tutto il popolo santo di Dio.

Caro Vito, grazie per esserci nel nostro presbiterio; grazie per il modo di vivere il tuo sacerdozio ministeriale; grazie per essere per tutti noi “segno” del Buon Pastore, desideroso di guidare, servire, amare il popolo in comunione col vescovo e con tutti noi presbiteri.

 

 

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