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Si è tenuta ieri mattina nel duomo di Lecce, la solenne celebrazione, presieduta dall’arcivescovo Michele Seccia, in onore di San Filippo Smaldone, sacerdote leccese e Fondatore delle Suore Salesiane dei Sacri Cuori nel giorno della sua festa.

 

 

 

La santa messa è stata preceduta dal raduno festoso di tanti fedeli, delle religiose della Congregazione dello Smaldone e dei bambini delle scuole delle Salesiane, in Piazza Duomo per accogliere il quadro e le reliquie dell’apostolo dei sordi, apostolo dei sordi.

“Oggi esprimiamo la gioia che arriva fino al cielo - ha detto l’arcivescovo durante l’omelia - e tocca il cuore di Dio e anche quello del nostro San Filippo che da lassù ci guarda, prega con noi, protegge le sue suore, protegge questa città dove egli ha percorso, su queste stesse strade, il suo cammino di santità”.

“Noi sacerdoti diocesani - ha concluso Seccia - lo sentiamo come una perla del nostro presbiterio: non solo ne andiamo fieri ma continueremo a custodire e a far crescere i semi di santità che egli continua a piantare in mezzo a noi”.

Prima della benedizione finale è intervenuto don Carlo Santoro, parroco della giovane comunità parrocchiale leccese intitolata a San Filippo e presidente del comitato festa. Dopo aver ringraziato l’arcivescovo a nome della Superiora generale Madre Lucia Neve Ingrosso, in visita nelle comunità presenti in Indonesia e di tutta la Famiglia Smaldoniana per gli spunti di riflessione e di fede offerti all’assemblea: “anche per noi – ha aggiunto don Carlo - oggi inizia un giubileo. Il prossimo anno, infatti, sarà trascorso un secolo dalla morte di San Filippo. Sarà per tutta la Chiesa locale e per la città di Lecce un’occasione provvidenziale per riscoprire che anche noi, tra le nostre mura abbiamo un santo tutto nostro. E non solo per la presenza nel santuario delle sue spoglie mortali ma anche per la tangibilità del servizio silenzioso e fecondo delle suore che continuano a mantenere vivo e attuale il carisma del Fondatore”.

Al termine della celebrazione, don Carlo Santoro, portando con se la reliquia all’interno dell’ascensore del campanile del duomo, si è recato al terzo piano della torre campanaria per impartire la benedizione su tutta la città.

 

 

 

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