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Cosa caratterizza l’esperienza sociale? Abbiamo un’identità sociale che è il posizionamento all’interno dei diversi gruppi sociali che compongono la rete e un’identità sociale cioè il posizionamento all’interno dei gruppi che compongono la rete sociale di un soggetto.

 

 

I media, ci ricorda Giuseppe Riva nel suo libro, hanno permesso a queste due dimensioni di allargarsi sempre di più in quanto prima erano limitate per spazio e tempo.

Ma ciò che ha potenziato veramente l’esperienza sociale rimangono i social network: piattaforma basata sui nuovi media che consente all’utente di gestire sia la propria rete sociale sia la propria identità sociale. Essi possono aiutare i propri “utenti” a soddisfare molti bisogni di sicurezza, associativi, di autostima, di autorealizzazione e certe volte anche di dipendenza. Ovviamente come ogni buon medium facilita il processo di mediazione superando il vincolo faccia a faccia, e ponendosi “in mezzo” tra soggetti interagenti. Sostituiscono però l’esperienza dell’altro in una mera percezione indiretta. Non sono mai oggetti neutri ma influenzano la nostra attività comunicativa attraverso più livelli. I vantaggi sono la grande interattività, automazione e visibilità. Hanno superato di gran lunga i blog, i wiki, e anche le piattaforme del web 2.0 come You Tube. Ma se guardiamo alla loro storia la prima cosa che notiamo che questi siti di incontri o di contatti virtuali, avevano un concetto di separazione, per avere solo relazioni con persone che potevo conoscere e almeno risalire indirettamente. Facebook, Instagram, Twitter, Linkedin fanno invece ormai parte della vita quotidiana di ciascuno, oltre che del panorama globale. Ma sono loro che hanno dato vita al nostro essere onlife trasformando la nostra rete sociale in una possibilità di creare gruppi chiusi. Il cyberspazio che è in grado di accogliere e supportare gruppi e comunità disperse. Ma i legami sociali non sono tutti uguali: quelli forti rimangono quelli permanenti, sono tipici della comunità. Quelli deboli o occasionali tipici dei gruppi. Sappiamo tutti quanto sia difficile passare da un’amicizia virtuale ad un’amicizia reale: ma se nella costruzione dei miei social saprò esprimere meglio la mia vera identità, sarò capace di aprirmi all’altro, potenziando la mia creatività digitale e favorendo un’economia della comunione anche nei social così come chiedeva Chiara Lubich. I rischi dei social network sono comportamenti disfunzionali, identità fluide, indebolimento dei ruoli, (purtroppo anche) fine della privacy, eccesso di informazione e infine anche la dipendenza. Siamo tutti assorbiti da questi social network, o meglio dire spazi sociali ibridi. Ma fin dove possiamo arrivare? Vale sempre il principio che quando una cosa è gratis la merce sei tu. Ma senza tante fobie sulla tecnologia auguro di vivere un santo Natale collegandoci anche con il social della realtà per incontrare Gesù nella nostra quotidianità, e realizzando una I-generation che ha bisogno di riscoprire nella fluidità digitale la carezza di un contatto vero.

 

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