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Una festa nella festa: si potrebbe sintetizzare così la solennità della Santissima Trinità con l'Eucaristia presieduta nella splendida cornice barocca della cattedrale di Lecce dall'arcivescovo Michele Seccia e trasmessa in diretta da Raiuno.

 

 

 

Emozionato ma immerso nel mistero celebrato, quello del Dio uno e trino, il presule ha subito fatto entrare quanti, in presenza o da casa si sono uniti a lui, in un’autentica esperienza di orazione, affermando: "Dio è amore. Così si esprime l’evangelista Giovanni. Anche noi, oggi, saliamo sul monte come indica Gesù nel vangelo odierno. E lì, nel posto più vicino al cielo, quello scelto da lui per rivelarsi a noi ma anche per pregare, desideriamo cantare l’amore di Dio, entrando nella profondità del mistero. Invocate con me lo Spirito dell’amore, fedeli tutti qui riuniti, e voi, carissimi che ci seguite attraverso la tv.

Solo in un clima di amorosa preghiera possiamo attingere al Mistero stesso di Dio, il quale si fa ascoltare, invocandolo; si lascia conoscere ascoltandolo; si fa amare, desiderandolo".

Mettersi dinanzi alla Trinità, esperienza fontale e fondamentale di ogni cristiano, vuol dire imparare a parlare l'alfabeto di un Dio che si presenta come Amante, Amato e Amore.

Continua Seccia: "Scriveva Agostino: Vedi la Trinità, se vedi l’amore. Ecco sono tre: l’Amante, l’Amato e l’Amore. Sono Tre, eppure Uno solo è Dio, perché l’amore non conosce divisione, ma è sorgente perenne di Unità. E dalla Trinità abbiamo tanto da apprendere: la diversità in essa è fonte di ricchezza e non di conflitto; di comunione e non di separazione. Imploriamo la Trinità perché trasformi le incomprensioni umane - e soprattutto quelle familiari - in atteggiamenti positivi di costruzione, di reciproca collaborazione e autentica fraternità. Per questo professiamo la Trina Unità, cioè un solo Dio in Tre Persone e, mentre balbetta la mente, crede e adora il nostro cuore".

Se ogni battezzato andasse all'origine della sua esperienza di fede, non avrebbe altra categoria con cui leggerla se non con la esperienza della figliolanza che rende il credente certo di essere accompagnato nei suoi giorni da un Dio che lo ama, che lo custodisce, che è talmente innamorato dell'uomo in quanto nobile creatura (cfr. Sal 8) da comunicarsi continuamente a lui. Ancora il presule: "Il Padre è l’Amante: ama da sempre il Figlio e lo ha consegnato alla morte per amore nostro: Dio ha tanto amato il mondo da darci il Suo Figlio. Il Padre è l’eterna Sorgente dell’Amore. Contemplandolo, possiamo sentirci ed essere veramente figli. Nel capitolo 15° del Vangelo di Luca, troviamo la splendida parabola del Figliol prodigo: come non riconoscersi figli dinanzi a quell’abbraccio del Padre che, da lontano, vide il figlio perduto, gli corse incontro e lo baciò? Solo da figli possiamo vivere nel suo tenero abbraccio e orientare la nostra esistenza a Lui. Così acquistano senso le parole del Deuteronomio: Sappi oggi e medita bene nel tuo cuore che il Signore è Dio: non ve n’è altro. Infatti, non vi è Amore all’infuori di Dio, solo Lui è Amore. Leggiamo in Isaia: Anche se una donna si dimenticasse di suo figlio, Io non ti dimenticherò mai perché ti ho amato di amore eterno. Mi commuovono i piccoli gesti che manifestano il legame tra genitori e figli. Molte volte nei bambini si vedono impressi i tratti dei genitori, a tal punto, che è facile affermare: è tutto suo padre, è tutta sua madre. Come sarebbe bello che di ogni cristiano si possa dire: è l’immagine del Padre buono, o ancora, è buono come il Padre celeste".

Ogni cristiano, tuttavia è investito della missione di essere segno di Cristo nella storia: mai fruitore del sacro, né uomo o donna che vive la fede come anestetico dalle ansie del mondo bensì individuo o comunità che attraverso Cristo impara la familiarità col Padre.

Provocatoriamente affettuoso, a tal proposito, il monito dell'arcivescovo: "Se il Padre è l’eterno Amante, il Figlio è l’eterno Amato, Colui che da sempre si è lasciato amare: Questi è il mio Figlio, l’Amato è la voce che si udì al Giordano quando Gesù fu battezzato. Il Figlio è l’obbedienza vivente del Padre. In Gesù, il cristiano avverte la bellezza di essere discepolo e, nella sequela, scopre che il Maestro lo chiama amico, lo rende familiare del Padre e gli è sempre tanto vicino nel cammino, specie nell’ora della prova, oggi così dura a causa della crisi sanitaria e sociale. Diveniamo icona del Figlio accogliendo l’amore e alimentando la speranza della vittoria di Dio sul male.

In famiglia, quanta gioia suscita la nascita di un figlio, quante premure e attenzioni si dedicano ad ogni neonato. Ogni cristiano dovrebbe accogliere la vita divina di Gesù con la stessa riconoscenza e partecipazione del cuore".

Tale cammino espropriativo del discepolo può esser compiuto solo alla luce dello Spirito: è attraverso il Paraclito che si può incontrare il Signore, è lo Spirito che permette all'agire dell'uomo di fede di essere portatore della novità di Cristo, è lo Spirito che dona ad ogni discepolo la forza di vivere del Vangelo per annunciare la lieta notizia.

Nuovamente il pastore della chiesa di Lecce: "Lo Spirito Santo é il vincolo dell’Amore eterno tra l’Amante e l’Amato. È bellezza, gioia, pienezza. Pertanto, veramente Signore è lo Spirito: non narra nulla di sé, ma in quanto Amore del Padre e del Figlio, è estasi, dono che nulla trattiene, ma tutto offre, piena comunione d’Amore. Anche nel sacramento del matrimonio, gli sposi smettono di ragionare in termini individualistici: l’Io lascia il posto al Noi. È stupendo vedere due innamorati che, dimentichi di se stessi, vivono per il bene dell’altro. Questo è il dono! E anche nella Chiesa, quanto è virtuoso abbandonare ogni prospettiva egoistica, legata a traguardi individuali, per cedere il posto ai carismi che lo Spirito Santo effonde per la comunità"

Pertanto, se si volesse definire in modo semplice ma efficace chi è Dio, si potrebbe dire che egli è famiglia, relazione d'amore sempre generativo, mai esclusivo e che continuamente ricrea.

Conclude Seccia: "Carissimi Fratelli e Sorelle, meditando con voi e per voi il mistero trinitario possiamo professare che Dio è famiglia. È proprio in casa che tanti di noi hanno appreso a dire: Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo! All’inizio e al termine di ogni giornata, ma anche intorno alla mensa domestica, ripetiamolo con fede e gratitudine. Così il mistero della Trinità ci diverrà tanto familiare da viverlo tra noi nella certezza che la famiglia cristiana diventi icona visibile del Dio Uno e Trino. Faremo memoria così del mandato di Gesù oggi ascoltato nel Vangelo: dal monte scenderemo a valle arricchiti dal suo amore per annunciarlo ad ogni uomo e a ogni donna che incontreremo sul nostro cammino".

Segnati dal sigillo dello Spirito tutti i discepoli del Risorto si sentono impegnati a fare della propria vita una testimonianza vivente di questo amore che crea, santifica e redime.

 

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