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Notte di luce e di trionfo, notte che segna la vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte.

 

 

 

Sono questi i sentimenti che hanno animato la solenne veglia in resurrectione Domini presieduta dall'arcivescovo Michele Seccia nella chiesa cattedrale e trasmessa in diretta da Portalecce (RIVEDI) e Telesalento.

Hanno concelebrato il vescovo emerito di Rreshën, mons. Cristoforo Palmieri e il vicario parrocchiale don Andrea Gelardo.

Dai toni gioiosi e incisivi, l'omelia di Seccia ha subito voluto rimarcare lo stile di vita del cristiano: non un essere spettatore né esecutore di riti, bensì viandante, chiamato a narrare nella storia il frutto è la bellezza di una vita con il Signore.

Ha detto: "dovremmo riscoprirci tutti come quelle donne che, di buon mattino, vanno a trovare il Signore; forse, cari fratelli e sorelle, Cristo non occupa i nostri primi pensieri, arrivando ad essere lo sconosciuto delle nostre vite. Comprendendo, tuttavia, che in lui morto e risorto è il segreto della nostra esistenza, facciamo in modo da entusiasti cercatori di desiderarlo e di incamminarci per condividere con tutti la straordinarietà di averlo incontrato".

Per aspirare, però, a tale progettualità è necessario aprirsi alla grazia, in grado di liberare l'uomo dalle tante situazioni che spesso lo rendono prigioniero del proprio "io" e in tal modo riuscire ad essere liberatori di quanti vivono i loro giorni nel buio della sfiducia.

Bello l'accostamento che il vescovo fa con il bravo evangelico di Marco: "ci siamo accorti che le donne lungo il cammino erano preoccupate di chi avrebbe srotolato la pietra dal sepolcro? Arrivate però al luogo, ecco la sorpresa: la pietra era ribaltata.  Quante volte la sfiducia e il pessimismo ci schiacciano talmente tanto da non farci aver fiducia finanche nel Signore. Ma lui riserva sempre la meraviglia a chi si lascia convertire e, in questo modo, vede scoperchiati dalla sua vita i massi che lo tenevano prigioniero. Cari cristiani riscopriamoci, dunque, persone liberate che hanno il compito di liberare e in tal modo essere continuatori dell'opera del Signore".

Da qui parte allora il compito-mandato del battezzato, chiamato ad essere nel mondo colui che "vede" la presenza del Risorto che chiama a vita nuova.

Ancora il presule: "non accontentiamoci, miei cari, di chiuderci nella comodità delle nostre chiese ma coltiviamo la sana inquietudine di voler uscire a farsi incontrare e vedere dal Signore per poterlo incontrare e vedere da uomini e donne che, nel mondo, si sforzano di essere il Cristo continuato e diffuso".

Illuminati "dalla solare chiarezza della nuova luce" (cfr. Preconio pasquale), rinnovati come credenti nell'acqua del Battesimo e nutriti dal Pane della vita, insieme al proprio pastore, i cristiani che vivono e operano nella chiesa di Lecce hanno celebrato la festa-centro del loro essere discepoli e si son sentiti, così, inviati a portare a tutti la gioia del Signore Risorto.

Racconto per immagini di Arturo Caprioli

 

 

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