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Com’è consolidata consuetudine a Lecce, al termine della processione in onore dei Santi Patroni Oronzo, Giusto e Fortunato, l’arcivescovo pronuncia il suo Messaggio alla città. Per mons. Seccia quello di quest’anno è stato il debutto.

Una prima volta che verrà ricordata non solo per le parole ma soprattutto per aver scelto Piazza Sant’Oronzo come “pulpito” privilegiato per pronunciare il primo discorso ai Leccesi. Con una sorpresa finale: un regalo personale dell’arcivescovo alla città. Prima delle benedizione finale ha lanciato l’audio di una poesia-preghiera (realizzata e diffusa in esclusiva da portalecce.it) composta da don Franco Lupo, sacerdote ultranovantenne conosciuto e apprezzato in tutta la diocesi non solo per sue doti sacerdotali ma anche per la sua ispiratissima vena poetica in vernacolo. Al termine dell’ascolto in diffusione in una Piazza Sant’Oronzo gremita e vestita a festa, Seccia ha voluto anche proporne una traduzione in italiano dei versi dialettali a favore dei turisti.

Di seguito il testo integrale del Messaggio

Cari fratelli e sorelle, cari leccesi, cari turisti che in questi giorni (e non solo) scegliete il nostro meraviglioso Salento come meta per le vacanze, è la prima volta che pronuncio questo mio discorso alla Città, parlandovi come fratello e padre nella fede, pastore di questa Chiesa che lo stesso Gesù, per le mani di Papa Francesco, mi ha voluto affidare.
È la prima volta che vivo questa solennità insieme con voi, nel cuore dell’estate, guardando al significato più vero e profondo della festa, che radicandoci in una storia che ci precede, diventa occasione di fede, di confronto, di cultura, di incontri, di ritorni per quanti – per lavoro o altri motivi – vivono lontani.
È la prima volta che accompagno le statue dei Patroni in questa bella processione: non abbiamo sfilato per una “rievocazione medievale” tra le vie del centro storico, ma calcando le orme dei nostri santi, quanto abbiamo vissuto è stato un vero e proprio cammino di fede, immagine di quell’altro cammino che tutti – credenti e non – compiamo alla ricerca del senso più profondo della nostra vita.
Ho chiesto e desiderato con forza rivolgervi per la prima volta questo mio messaggio proprio da questa piazza così bella e suggestiva, centro della nostra città, per sentirmi ancora più vicino a tutti voi e dirvi quanto sento dentro di me: sono davvero felice di essere qui, ormai leccese come voi, per camminare insieme ed essere, come mi sono promesso, “collaboratore della vostra gioia”!
Oggi, come comunità religiosa e cittadina, ci stringiamo attorno a coloro che se la tradizione ci tramanda come “patroni”, la liturgia ci presenta come “amici e modelli di vita”: Oronzo, Giusto e Fortunato.
Se li invocassimo semplicemente come “patroni” il loro servizio si esaurirebbe in questi pochi giorni di festa, tra i tanti riti che stiamo celebrando, le luminarie, i fuochi, e la consueta “visita” ai simulacri in cattedrale per chiedere la loro intercessione per noi e per i nostri cari.

Ma questo, lo sappiamo, non basta.
La Chiesa ci fa guardare alla loro testimonianza, consegnandoci molto di più: Oronzo, Giusto e Fortunato per noi sono veri e propri amici e modelli di vita!
Come dice il Libro del Siracide, se “un amico fedele è una protezione potente, - e - chi lo trova, trova un tesoro” (Sir 6,14), sentire i santi “nostri amici” vale a dire sapere che in loro troviamo un confidente, una spalla sulla quale piangere, gioire e condividere il proprio vissuto nella certezza di essere capiti.
Ma più di ogni cosa mi preme riflettere sull’immagine dei santi come modelli per la vita.
È sotto gli occhi di tutti come la nostra società, soggetta a contaminazioni da parte di TV e social, generi continuamente – e non solo per i più giovani – modelli di vita ben lontani dagli ideali umani e cristiani, che per tanti di noi diventano cattivi stereotipi da emulare.
Ma… non è Dio che ci ha creati a sua immagine e somiglianza in maniera unica e irripetibile?

Non è Dio che, donandoci la vita, ci ha fatti singolarmente originali?
Spesso, per paura del giudizio altrui sprechiamo la nostra vita a diventare la copia di qualcuno, perdendo la fiducia in noi stessi e, non mettendo a frutto i talenti che Dio ci ha dato, perdiamo l’occasione di mostrarci per quello che siamo!
Ecco, cari fratelli e sorelle, i nostri santi sono per noi modelli di vita non alla maniera umana. Non ci confezionano in schemi predefiniti, non ci vogliono come loro, ma ci incoraggiano a diventare santi così come siamo, perché Dio ci ama così!
In queste settimane si stanno spendendo tante parole circa il ritrovamento di quella che molto probabilmente è la reliquia più antica e autentica di Sant’Oronzo, vescovo e martire di Lecce.
Anche io, qualche giorno fa, mi sono recato a Turi per venerarla, e non vi nascondo la sorpresa nell’ammirare la bellezza e la preziosità del reliquiario che, come già sapete, riporta una delle più antiche immagini del santo.
Curiosi, studiosi e devoti si chiedono: è quello il volto di Sant’Oronzo? E, riavvolgendo la storia come ad un vecchio nastro del passato, frugano alla scoperta di quanto li può avvicinare il più possibile alla verità.
Questa sera, tuttavia, a noi non interessa fare un’indagine storico-culturale sulla veridicità delle reliquie; quello che mi sta a cuore è riflettere sul piano della fede proprio a partire da quanto accaduto.
Con questa scoperta – cioè – Sant’Oronzo cosa vuole dire a noi, uomini e donne di questo tempo, oggi?
Pare che Lui abbia voluto mostrarci il suo volto, e il volto – lo sappiamo – è ciò che rivela l’identità di una persona. Conosciamo l’altro quando alziamo sguardo e lo vediamo in faccia, lo fissiamo negli occhi. Come ad un linguaggio universale il volto umano rivela quello che siamo.

Cari fratelli e sorelle,
quando cerchiamo la verità, quando cerchiamo l’altro, noi cerchiamo sempre un volto con il quale relazionarci, confrontarci; un volto per e con il quale vivere.
Chi cerca il volto dell’altro, cerca la verità!

IL VOLTO DELLA CITTÀ DI LECCE
Allora, come comunità in festa – stasera – domandiamoci innanzitutto: Qual è il volto della nostra città?
Lecce, cuore del Salento, quale è il tuo volto?
È il volto apparentemente bello di chi si mostra a tutti i costi “al top” per paura di perdere qualche “like”, o il volto realmente bello che racconta di una Lecce fatta di accoglienza, di inclusione, di integrazione delle diversità, di cordialità, di rispetto per l’ambiente, di amore per il bene comune e per il bene gli uni degli altri?
La nostra città è bella certamente oggi vestita a festa, è bella per i ricami dei suoi palazzi, per le vie della movida, è bella per i musei e per le chiese che abbiamo voluto aperte perché il fascino della loro arte risvegli nei cuori più sensibili il fascino di Dio e della fede.

Ma Lecce non è solo questo!
Lecce non è solo lo scatto di una fotografia o il ricordo di una cartolina.
Lecce è molto di più, ed è sempre bella anche laddove nessuno scatterebbe mai una foto, perché racconterebbe fotogrammi di una quotidianità vissuta e spesso silenziata dal chiasso delle nostre passeggiate.
Lecce è bella, cari amici, anche e soprattutto nelle periferie, nelle case di chi è solo, anziano, abbandonato, nelle case di chi lotta per qualche malattia, nelle case di quelle famiglie che vivono un momento di crisi, nelle case di chi ha perso il lavoro e non arriva a fine mese, nelle case dei giovani universitari che sognano il loro futuro, nelle case degli immigrati, nelle stanze di quanti la salute costringe a stare in ospedale, nelle celle dei carcerati che hanno desiderio di ricominciare… in ogni angolo abitato da situazioni di dolore che forse, per pudore o per nostra manchevolezza, conosce solo Dio.

Il volto di Lecce diventa bello quando diventa più umano, quando lo si guarda in faccia e lo si scopre in quella verità che non fa rumore, ma che – presente e operante – racconta di un popolo generoso e caritatevole.
Come sarebbe bello se le piazze della nostra città, da tutti considerate musei a cielo aperto, si riappropriassero della loro reale identità: essere agorà, luoghi di incontro e di scambio in cui condividere la vita e crescere insieme.
Quanto sarebbe bello!... e certamente saremmo una comunità molto più giusta, onesta e coerente, perché capiremmo che i problemi si risolvono non alzando muri, ma costruendo ponti di dialogo indistruttibili perché radicati nella Verità!
Se le polemiche che spesso ci vedono schierati in prima persona sui social cedessero il posto al confronto personale e diretto, ogni situazione troverebbe vie di soluzioni più facili e vere.
Quanto sarebbe tutto più semplice se solo capissimo che per essere felici non serve molto: con il carattere accogliente di cui gode il popolo salentino, promuovere una politica della prossimità e del dialogo renderebbe Lecce la capitale della fraternità!
A tal proposito, sento ancora una volta di dover ringraziare tutti voi per il modo con il quale mi avete accolto. Ve l’ho già detto: mi sono sentito sin da subito a casa!
Un grazie sincero a quanti amministrano la nostra città: al Sindaco, a Sua Eccellenza il Prefetto, al Questore, al Presidente della Provincia, e a tutte le forze dell’ordine, con i quali sin da subito ho instaurato un dialogo proficuo per il bene di tutti.
Il mio augurio è di continuare su questa strada, con un’attenzione particolare ai giovani che hanno tanto bisogno di una dose di coraggio e di speranza, e a tutte quelle situazioni di disagio che ci interpellano quotidianamente. Chiediamo ai nostri Santi Patroni di aiutarci nel discernere quelli che sono i beni di prima necessità (come il pane, il lavoro o la casa) e i beni non essenziali ad una vita dignitosa o addirittura superficiali e dannosi.
Carissimi, Sant’Oronzo ci scuote e invita tutti a non demordere, perché insieme ce la possiamo fare!

IL VOLTO DELLA CHIESA DI LECCE
Ci siamo chiesti quale è il volto della nostra città. Ora la seconda domanda riguarda noi, comunità credente: Chiesa di Lecce, qual è il tuo volto?
Da quando sono qui mi sono impegnato nel cercare di conoscere ogni cosa e ognuno di voi, per dare un volto a questa comunità di fede così ricca e bella!
Ma il volto di una Chiesa, per essere bello al modo di Gesù, non può essere reso tale solo dal vescovo: è un compito che spetta a tutti noi, insieme, come popolo in cammino. Ognuno deve metterci del suo alla ricerca del Volto più vero e bello, che è il volto di Gesù, in ogni casa, nella comunità, nei fratelli e sorelle che il Signore ci mette accanto.
Il volto della nostra Chiesa non sarà mai veramente bello se guardiamo solo i difetti degli altri, se abbiamo sempre il dito puntato contro, se non impariamo – come dice l’apostolo Paolo – a “gareggiare nello stimarci a vicenda” (Rm 12,10).

Rancori, pregiudizi del passato e frasi del tipo “si è sempre fatto così”, orgoglio, superbia, pettegolezzi sono mali che come acido sfigurano il volto della nostra Chiesa!
Al contrario: Oronzo, Giusto e Fortunato ci spronano a correre sulla via della santità, che – come scrive Papa Francesco nella recente Esortazione Apostolica Gaudete et Exsultate – “è il volto più bello della Chiesa” (GE9).
Spesso la santità sembra una dimensione lontana anni luce da noi, eppure se ci riflettiamo, è davvero a portata di mano!

Cari fratelli e sorelle, santi possiamo esserlo tutti!
È una vocazione, alla quale – con il nostro modo di vivere scegliamo – se rispondere o meno.
Sempre il Papa ci parla di “santità della porta accanto”, cioè accessibile davvero a tutti e, dicendo che questo vale per ciascuno di noi, scrive:
“Per essere santi non è necessario essere vescovi, sacerdoti, religiose o religiosi. Molte volte abbiamo la tentazione di pensare che la santità sia riservata a coloro che hanno la possibilità di mantenere le distanze dalle occupazioni ordinarie, per dedicare molto tempo alla preghiera. Non è così. Tutti siamo chiamati ad essere santi vivendo con amore e offrendo ciascuno la propria testimonianza nelle occupazioni di ogni giorno, lì dove si trova. Sei una consacrata o un consacrato? Sii santo vivendo con gioia la tua donazione. Sei sposato? Sii santo amando e prendendoti cura di tuo marito o di tua moglie, come Cristo ha fatto con la Chiesa. Sei un lavoratore? Sii santo compiendo con onestà e competenza il tuo lavoro al servizio dei fratelli. Sei genitore o nonna o nonno? Sii santo insegnando con pazienza ai bambini a seguire Gesù. Hai autorità? Sii santo lottando a favore del bene comune e rinunciando ai tuoi interessi personali” (GE 14).

Fratelli e sorelle,
guardando al volto di Sant’Oronzo, sul volto della nostra Chiesa di Lecce risplenderà il fulgore della santità quando vedremo riflesso nel volto di ogni fratello e sorella che incontriamo lo stesso Volto misericordioso di Cristo!
E allora, “non avere paura di puntare più in alto, di lasciarti amare e liberare da Dio. Non avere paura di lasciarti guidare dallo Spirito Santo. La santità non ti rende meno umano, perché è l’incontro della tua debolezza con la forza della grazia” (GE 34).

Coraggio!
Tutti possiamo rimboccarci le maniche e cominciare da oggi, da qui.
Come dice il Papa, “abbiamo tanto da fare, e dobbiamo farlo insieme!” (Videomessaggio del Santo Padre Francesco al TED Talk 2017 di Vancouver, 26 aprile 2017).
Oronzo, Giusto e Fortunato, Lecce che oggi vi onora, dal profondo del cuore vi prega: fate che possiamo tornare a scorgere frammenti di bellezza nel volto umano, per raccontare un domani ai nostri figli quanto abbiamo lottato e faticato per consegnare loro un mondo migliore!

 

 

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