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Rilanciamo volentieri un articolo redatto dal vescovo di Ugento-Santa Maria di Leuca, mons. Vito Angiuli dal titolo “No all’etica del doppio binario sulla Chiesa”, in risposta ad un pezzo apparso sul Nuovo Quotidiano di Puglia a firma di Maurizio Portaluri.

 

 

 

 

“Purtroppo, il vezzo di seguire l’etica del doppio binario - scrive il pastore del Capo di Leuca in chiudendo il suo articolo pubblicato dallo stesso giornale venerdì scorso - è duro a morire. Viene applicato anche a don Tonino Bello: lodato per gli interventi sulle questioni sociali e silenziato per le sue prese di posizione circa l’etica della persona e della famiglia”.

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La lettura dell’articolo di Maurizio Portaluri (mercoledì, 29 settembre 2021) mi ha rallegrato perché ha attestato la correttezza della tesi di fondo che ho proposto nel mio precedente intervento. Forse l’autore ha scritto la sua riflessione con altre intenzioni. Fatto sta che, consapevolmente o inconsapevolmente, egli ha proposto, “sub contrario”, una dimostrazione favorevole al mio assunto. Tralascio di soffermarmi sullo stile, consapevole che ognuno può utilizzare la forma stilistica che gli sembra più opportuna. Faccio solo notare che non si cita mai il mio nome (forse per rispetto o forse perché l’autore riteneva che non valesse la pena di citarlo). Si parla solo di «uomini di religione» che avrebbero la colpa di «rinchiudere in una teca il magistero sociale di Papa Francesco».

Più importante è prendere in esame il punto vero della questione che per me consiste nell’esprimere il mio disaccordo con chi segue “l’etica del doppio binario”; cioè con chi considera importanti le questioni sociali e ambientali e mette in secondo piano l’etica della persona e della famiglia. Secondo il mio interlocutore, richiamando la necessità di tenere insieme i due aspetti, avrei proposto «una rappresentazione grottesca e ideologica, dove si ipertrofizzano alcuni problemi distaccandosi dalla realtà». Ciò vuol dire che l’aborto, l’eutanasia, la maternità surrogata sono “temi distaccati dalla realtà”, mentre il giusto salario, la sicurezza sul luogo di lavoro, il rispetto della dignità delle donne, sono gli unici veri problemi reali. Lascio il giudizio al lettore. Constato che il modo di ragionare dell’articolista rivela l’esatta esposizione dell’etica a doppio binario.

Essa poggia su due fondamenti di rilevanza capitale. Il primo si riferisce a una sorta di riduzione del cristianesimo a pratica sociale. Si scinde la fede dalla carità e si interpetra la carità solo come una forma di giustizia sociale. In altri termini, si mette in secondo piano la fede in Cristo, vero Dio e vero uomo, e si valuta solo la sua prassi in favore dei poveri e degli ultimi. Si ammira ciò che Gesù ha detto e ha fatto, ma si tralascia di considerare la sua identità divina. Non si tiene conto del primato dell’adorazione di Dio e si separa il comandamento dell’amore di Dio dall’amore del prossimo, risolvendo la religione cristiana in un’azione solidaristica in favore degli uomini. Si conclude così che la religione, se ancora vuole avere diritto di cittadinanza nel nostro mondo, non deve consistere nel custodire primariamente il legame con Dio, ma deve risolversi in una prassi umanitaria. Più della preghiera conta l’azione sociale. È la tesi dell’umanitarismo contemporaneo, che viene considerata come l’unica vera religione ammissibile nel nostro tempo.

Vi è poi un’altra questione fondamentale di carattere filosofico. Secondo la cultura contemporanea non esiste “la verità”, ma molteplici verità parziali, rivedibili, confutabili, rispettose della soggettività di ciascuno. Chi si azzarda a sostenere la necessità della ricerca della verità è considerato una persona fuori dal contesto culturale nel nostro tempo. Talvolta è deriso, talvolta è considerato un alieno. Si ripete, in tante forme, l’antico principio sofistico: la verità è inattingibile, se per ipotesi si potesse raggiungere non potrebbe essere pensata e se si pensasse non potrebbe essere detta e comunicata. Ciò che conta, non è la ricerca della verità, ma fare del bene agli altri. Insomma, dobbiamo essere tutti relativisti cioè rispettosi di tutte le opinioni, senza che nessuna possa essere considerata quella vera. Non serve cercare il senso ultimo della vita, perché è impossibile da trovare. Basta solo essere solidali con gli altri uomini.

La riduzione sociale del cristianesimo e l’assenza del principio veritativo sono la base dell’attuale cultura individualista e relativista e, conseguentemente, dell’etica del doppio binario. Poste queste premesse, appare evidente la difficoltà di tenere insieme etica sociale ed etica ambientale strettamente e inscindibilmente collegate con l’etica personale e famigliare. Non ho nessun timore ad ammettere che, se siamo giunti a questo stato di cose, anche la Chiesa ha le sue colpe. Rilevo però che solo la Chiesa è pronta ad assumersi le sue responsabilità. Non vedo altri soggetti personali, comunitari e istituzionali riconoscere i propri errori.

Nell’enciclica Laudato si’, Papa Francesco propone l’ecologia integrale come antidoto alla crisi dall’antropocentrismo deviato dell’epoca moderna (LS, 116). «La crisi ecologica è un emergere o una manifestazione esterna della crisi etica, culturale e spirituale della modernità» (LS, 119). Questa situazione culturale «conduce ad una schizofrenia permanente che va dall’esaltazione tecnocratica che non riconosce agli altri esseri un valore proprio, fino alla relazione di negare ogni peculiare valore all’esser umano. Ma non si può prescindere dall’umanità. Non ci sarà una nuova relazione con la natura senza un essere umano nuovo. Non c’è ecologia senza un’adeguata antropologia» (LS, 118). Pertanto, «il mondo non può essere analizzato solo isolando uno dei suoi aspetti, perché “il libro della natura è uno e indivisibile” e include l’ambiente, la vita, la sessualità, la famiglia, le relazioni sociali, e altri aspetti (LS, 6). Ne discende che «quando non si riconosce nella realtà stessa l’importanza del povero, di un embrione umano, di una persona con disabilità […] difficilmente si sapranno ascoltare le grida della natura» (LS, 117). Dal momento poi che «tutto è in relazione, non è neppure compatibile la difesa della natura con la giustificazione dell’aborto» (LS, 120).

Non potendo citare tutta l’enciclica, mi fermo a questo sintetico vademecum. Credo che queste affermazioni, chiare e perentorie, non abbiamo bisogno di alcun commento. Pertanto, non corrisponde a verità l’accusa, rivoltami da Maurizio Portaluri, di volere rinchiudere «in una teca il magistero di Papa Francesco per renderlo fruibile solo da parte di chi accetta in toto la morale cattolica». Ho voluto solo richiamare il pensiero del Pontefice in modo integrale per sottrarlo alle indebite riduzioni e alle arbitrarie restrizioni di chi segue l’etica del doppio binario.

Naturalmente ben vengano gli ambientalisti che accolgono integralmente l’insegnamento di Papa Francesco. Il principio di una corretta interpretazione esige che si rispetti il pensiero dell’altro, cogliendo la visione complessiva di cui è portatore, e non citando singole frasi, avulse dal contesto, per dire le proprie convinzioni e non quelle dell’autore. Qui non è in gioco l’ambientalismo, ma una corretta metodologia e un’applicazione della principale e fondamentale regola ermeneutica.

Pertanto, chiedo di nuovo agli ambientalisti entusiasti di Papa Francesco: oltre a osannarlo per le sue parole sulle più spinose questioni ambientali accoglierete il suo invito (che è anche il mio!) a difendere l’embrione, a rifiutare la pratica dell’aborto, della maternità assistita e dell’eutanasia, come espressione di un’ecologia integrale? Purtroppo, il vezzo di seguire l’etica del doppio binario è duro a morire. Viene applicato anche a don Tonino Bello: lodato per gli interventi sulle questioni sociali e silenziato per le sue prese di posizione circa l’etica della persona e della famiglia. Non c’è da meravigliarsi. La stessa tecnica è usata per il Vangelo. Si può sperare in un radicale cambio di paradigma? La speranza è l’ultima a morire. Ma, forse, in questo caso è già morta.

*Vescovo di Ugento-Santa Maria di Leuca

 

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