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Avevamo l'agenda piena, e non solo l'agenda, tutta la vita era piena di impegni, ora abbiamo chiuso anche la porta di casa. Il mondo non ci appartiene più, senza preavviso, pensavamo che il mondo fosse nostro.

 

 

 

Lo stop ci ha ricordato che il mondo non è una nostra proprietà, al massimo siamo in affitto, in condominio. Dobbiamo chiedere il permesso e questo tempo ci ricorda che non siamo proprietari della vita, né di quella nostra, né di quella dei nostri cari e di ogni vivente.

Fino ad oggi forse non ci siamo resi conto di quanta vita avevamo intorno, di quanta bellezza ci circonda, non abbiamo visto l'invisibile.

La profondità di questo tempo ci invita a tornare a vedere l'invisibile del cuore, della relazione e del nostro stile di vita, a distinguere il superfluo dal necessario, lo spreco dal giusto, non solo nel cibo ma anche nei contatti umani. Possiamo gustare solo ciò che custodiamo.

Un grande filosofo dice che la morte ci toglie solo ciò che non abbiamo donato. Spero che chiusi nella nostra piccola casa impareremo a rispettare la grande casa di tutti, e quando il coronavirus se ne andrà, potremo gustare ogni passo e aver imparato che nei luoghi invisibili e trascurati si nasconde la pienezza di vita che desideriamo.

 

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