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Al bando la banalità. È la tentazione che più si annida nel dover fare gli auguri per le feste.

 

 

Ce lo ha ripetuto anche l’arcivescovo Seccia nel suo messaggio natalizio. Mentre tutto parla di sofferenza e di morte, “gli auguri non possono essere banali e non devono risultare parole di circostanza che arrivano solo ad orecchi abituati ad ascoltare suoni preconfezionati”.

Non vorremmo cascarci anche noi nel baratro dell’ovvietà. Rischieremmo di essere bravi “predicatori” di un mondo che non esiste o che preferiremmo non esistesse. Certo, a Natale, gli auguri, gli abbracci, i baci, i messaggi in chat bisogna pure scambiarseli… Ma sarebbe già un grande passo in avanti se, accanto alle frasi fatte, si aggiungesse qualche parola che richiami il mistero, che annuncia al mondo quale è stato l’evento più sconvolgente dell’uomanità. Il fatto che ha detto basta alla consuetudine e ai calcoli e ha spaginato il libro della storia, dandole un corso diverso, mai previsto, se non dagli occhi della fede.

Sarebbe già una rivoluzione. Come lo è stato per quei pastori impegnati quella notte a mungere il loro bestiame e guadagnarsi da vivere. E hanno lasciato tutto per correre alla grotta.

Abbiamo scelto un video (GUARDA) con i versi di Dario Marangio per farvi gli auguri. Sono il sottofondo - insieme con le note di Pietro Santoro - agli scatti artistici dell’esperto e infaticabile Arturo Caprioli. Con il suo obiettivo ha colto quei particolari che nei pastori del presepe di Piazza Duomo è difficile scorgere a occhio nudo e che, invece, oltre a lasciar intravedere l’arte preziosa delle mani dei maestri cartapestai leccesi, fanno scorgere il segreto dell’uomo che aspetta Dio e spera d’incontrarlo, prima o poi, lungo la via.

“Siamo pastori che seguono la luce - scrive Marangio -, che non perdono la speranza, che danno voce ad una mai sopita meraviglia! Non ci spaventa la distanza, siamo in viaggio, spesso con una lacrima tra le ciglia, col carico pesante del nostro passato, con il peso sfuggente di un sempre più difficile presente! Portiamo questo nostro vissuto, questa nostra verità, con l'umiltà di un'offerta, piagati per una ferita sempre aperta, piegati mai, nonostante sordide inquietudini e guai. Siamo pastori in cammino in una notte che non fa paura se è all'alba, il tuo vagito, in quella capanna sicura, mentre canteremo Osanna, abbraccerà l'abisso nostro infinito!”.

Auguri.

 

 

 

 

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