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Un contadino sta gettando dei semi nei solchi praticati, poco prima con una zappa, in un piccolo orto. Suo nipote, che assiste ammirato alla scena, gli chiede: "nonno, ma come fa a spuntare qualcosa, che poi mangiamo, da un seme così piccolo?"

 

 

 

"Sembra semplice, ma non lo è. C'è bisogno di curare con amore il terreno in cui è stato gettato quel seme, poi bisogna avere tanta pazienza ed infine, ma non meno importante, bisogna credere con tutte le forze che veramente nascerà qualcosa di buono da un qualcosa di piccolo come un seme!"

Amore, tempo, fede. È ciò che insegna la saggezza antica e sempre attuale di chi lavora la terra. 

Ma come sarebbe bello se la stessa saggezza potesse essere messa in atto nelle stanze dei poteri decisionali mondiali.

Quante volte, nelle nostre chiese e nel corso delle celebrazioni, abbiamo ascoltato o cantato il brano del Gen Rosso "Semina la pace". E ogni volta un brivido è sceso lungo la schiena perché, nell'arco temporale delle nostre esistenze che stiamo vivendo a cavallo tra la fine del secondo e l'inizio del terzo millennio, spesso purtroppo ci siamo trovati ad essere contemporanei di conflitti più o meno conosciuti, ma tutti cruenti e drammatici. E così, le nostre quotidianità ancora sotto shock per ciò che, da ormai quasi due anni, sta accadendo in Ucraina, da un mese circa devono fare i conti, stavolta, con la recrudescenza della violenza in Medio Oriente.

Che brutto commettere magari inconsciamente l'errore di abituarsi alla mancanza di pace. E non solo nella "martoriata" Ucraina ed ora anche in Medio Oriente, ma anche nei tanti angoli del nostro pianeta, testimoni di altrettanti conflitti (poco "mediatici") sparsi ovunque, tanto che Papa Francesco in più occasioni ha affermato di "... essere di fronte alla terza guerra mondiale combattuta a pezzi"!

Di fronte a tutto ciò, ce n'è ben donde per scoraggiare anche il più audace tra chi ha scelto di adottare la speranza come guida maestra nella propria vita.

Ma, compiendo uno sforzo immane, proviamo ad astrarci per qualche minuto da questa realtà scoraggiante nella quale viviamo e della quale ci sentiamo spettatori inermi, e proviamo a concentrarci su quell'espressione verbale presente nel titolo della canzone del Gen Rosso da cui ha mosso questa breve riflessione: "Semina...".

Ebbene, quel termine, solo apparentemente semplice e lontano dalle nostre occupazioni quotidiane, può avere invece una valenza straordinariamente importante se applicato proprio alla crudeltà dei tanti conflitti a cui stiamo assistendo. 

Ci sentiamo inermi? Non sappiamo cosa fare di concreto nelle nostre quotidianità per cercare di contribuire alla pace? Cominciamo dall'assumere lo stesso atteggiamento umile ma aperto alla saggezza di quel nipote di fronte al nonno contadino. Convinciamoci, cioè, che nessuna pianta buona (compresa, dunque, la pianta della pace intesa come convivialità tra gli esseri umani) potrà mai crescere senza la messa in "campo" (è proprio il caso di dire) di tre ingredienti come l'amore, il tempo e la fede. È seminando nelle nostre singole quotidianità con amore, avendo la pazienza di attendere il tempo della crescita e credendo fermamente che il raccolto giungerà, che "la vita ci darà il dono della pace", come canta il Gen Rosso e come cantiamo in chiesa. 

E quel dono giungerà davvero se capiremo che non si deve attendere lo scoppio di un conflitto per parlare di pace, ma che il suo seme va gettato sempre, ogni giorno, in ogni circostanza, anche quando apparentemente siamo in pace. Ed infine, quel dono giungerà davvero se capiremo che il primo di quei semi dev'essere piantato, poi curato e solo dopo finalmente raccolto nel nostro cuore.

 

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