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Lavorare insieme, come ricercare insieme è stata sempre una grande fatica. Condividere pensieri, dialogare sull’attualità come sui massimi sistemi, confrontarsi, ricercare la verità appoggiandosi agli altri, fare gruppo, definire insieme principi e fondamenti, progetti e strategie sembra essere, molto spesso, impossibile.

 

 

 

E ciò vale per tutti i gruppi e le istituzioni umane: si pensi alla ricerca scientifica, ai suoi risultati da convalidare nella relativa comunità (la scoperta e sperimentazione dei vaccini insegnano); all’attività diplomatica internazionale (il dialogo per il “cessate il fuoco” in Ucraina ne è prova); alla Chiesa cattolica ora impegnata in una delicata fase sinodale; a tutta l’attività accademica, spesso segnata da protagonismi invidiosi e poco collaborativi e cosi via. Un’interessante giornata di studio della Facoltà di filosofia della Pontificia Università Gregoriana (Synodos come Methodos, sul con-filosofare – symphilosophein, Roma 28.4.22) ha offerto interessanti spunti. A margine presento alcune personalissime note su un tema che appassiona tutte le donne e gli uomini di buona volontà, a prescindere da sensibilità, storie, culture e religioni di appartenenza.

Per Aristotele la città (polis) è il luogo in cui la persona, che è relazionale (zoon politikon) si realizza, matura la sua felicità compiendo il bene. Tutta la maturità della persona, per Aristotele, è ricercata e vissuta nella città, che è indispensabile in quanto assume lo stesso fine (télos) della persona, bene o felicità che dir si voglia. La comunità è anche il luogo in cui la felicità viene condivisa e rafforzata con le felicità altrui. È in questi elementi la radice più profonda dello stretto rapporto tra attività intellettuale (e conseguente scoperta della verità) e ricerca e condivisione con e nel gruppo. In altri termini non è possibile produrre pensiero, seconda retta ragione (kata ton orton logon), se non insieme. Nella visione cristiana - dove il Cristo è “via, verità e vita” (Gv 14, 6) - la rivelazione è sempre al popolo dei credenti e dove è data a una persona, questa è inviata agli altri, come nei racconti dopo la Resurrezione. La verità è sinfonica, direbbe von Balthasar.

Sempre Aristotele precisa che colui che per primo portò gli altri a formare una comunità politica, fu l’autore di un grande bene, perché è stato capace di portare le persone a vivere insieme e a realizzare una vita virtuosa e felice. La Arendt, in quest’ottica, precisa che la sfera politica sorge direttamente “dall’agire insieme, dal condividere parole e azioni”. Pensiero e azione nascono in condivisione. Tutto ciò, a mio modesto avviso, non mortifica o toglie il valore della ricerca personale ma la concepisce e la proietta sempre in un’ottica di gruppo: si giunge a una scoperta scientifica o a una verità per condividerla e così la si conferma, rafforza, amplia. Infatti, la trasmissione del sapere è un fatto collettivo, comunitario. Anche quando apprendo, da solo, con un libro tra le mani, i suoi contenuti sono sempre frutto di relazioni, storie, culture, vita di popoli. Non possiamo negare che l’utilizzo eccessivo di dati provenienti dal web fomenta una mentalità per cui ciò che conta è la creazione individuale, nel segreto della mia stanza, evitando relazioni e confronti. Del resto, la deriva dei social dove una persona qualsiasi sente di pontificare su tutto, senza studio, riscontri e dialogo, è anche frutto di uno pseudo apprendimento isolato dal mondo, spesso solo interessato all’apparire e/o al guadagnare.

Ricerca, elaborazione e verifica danno frutti solo negli incontri con gli altri (virtuali solo se non è possibile di persona). Il sapere cresce solo e se esiste incontro pieno - quello virtuale non lo è - se si fa “sinodo”. La “parola” del nostro sapere, cioè il contenuto mentale, raggiunge la sua pienezza quando diventa “con-parola”, cioè parola che nasce e vive nella relazione. L’oggetto del discorrere può essere la pandemia, la guerra, una posizione scientifica o filosofica o ecclesiale: in questo caso poco importa, perché i frutti, in ogni campo, verranno solo se il metodo si ancorerà sulla personale capacità di relazionarsi e di lavorare insieme. Il tutto perché, come ha scritto Primo Mazzolari, “la verità non ha bisogno di aggettivi, perché la verità non ha padroni: è libera. Il mio e il tuo non le si confanno: sono intonachi che non resistono alla prima intemperie, incrostazioni sacrileghe. La verità non è un campo che può essere cintato a beneficio esclusivo di qualcuno o di un gruppo, una colonia da sfruttare”.

 

Forum Famiglie Puglia