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Prende il via oggi la seconda tappa della Visita Pastorale dell’arcivescovo Michele Seccia nella città di Monteroni di Lecce. Per conoscere meglio la comunità di Maria SS. Ausiliatrice, abbiamo intervistato il parroco, don Giorgio Pastore.

 

 

Don Giorgio, quale realtà sociale e parrocchiale troverà l’arcivescovo venendo in visita pastorale a Monteroni nella tua comunità parrocchiale?

Troverà una realtà in cammino, che vuole crescere e che ogni giorno accoglie gioie e soddisfazioni ma anche criticità e problemi sempre come un dono finalizzato alla crescita umana, personale e spirituale. E ovviamente anche la presenza dell’arcivescovo è un dono, è come la visita di un padre per i suoi figli: una sosta per confrontarci e fare il punto nella consapevolezza di vivere una sosta per poi ripartire con più energia. Un punto di partenza, un nuovo inizio per rimetterci in cammino nel percorso di fede e di vita e per rimetterci al servizio con rinnovato impegno e coraggio nel cantiere del bene e nella costruzione dello spirito di comunità.

 

Quali sono i punti di forza e le fragilità più evidenti della tua comunità nei tre ambiti di liturgia, catechesi e carità?

La coperta è quella che è, ma rispetto alle risorse umane che ogni giorno si spendono con impegno c’è da dire che le luci diradano le ombre. Si può fare di più, ma ovviamente il nodo cruciale è quello della partecipazione. Siamo nell’era post-covid: la pandemia e il distanziamento hanno messo a dura prova le relazioni. La lontananza imposta per l’emergenza sanitaria non ha fatto altro che aumentare la lontananza della gente dalla chiesa anche dopo la fine della pandemia con l’allontanamento, tanto dalle celebrazioni quanto dall’impegno in parrocchia, proprio di chi aveva un approccio un po’ più “timido” e non proprio convinto e radicato. Stiamo vivendo gli strascichi di un periodo che ha lasciato in segno nell’intimo di ognuno. Anche per questo il vescovo troverà lo zoccolo duro, ovvero il “resto d’Israele”, persone che ancora credono e scommettono sul Vangelo. Sulla liturgia la sfida è quella della sobrietà delle celebrazioni, senza farsi allettare dalle liturgie-show piegate spesso alle mode del momento pur di accaparrarsi spettatori. C’è un gruppo liturgico sempre in prima linea che conosce bene lo spirito di servizio. La Caritas, poi, funziona bene: le richieste sono davvero tante e difficili da soddisfare come quelle che riguardano la richiesta di un posto di lavoro. Tuttavia, su generi alimentari e di prima necessità assicuriamo sempre una pronta assistenza anche grazie ad una comunità, piena di tanti benefattori, che davvero risponde subito. Sulla catechesi, nonostante lo straordinario impegno dei nostri catechisti, bisogna investire ancora tanto: ogni anno seguo personalmente i ragazzi dell’ottavo corso che sono in cammino verso il sacramento della Confermazione e le lacune sono sempre di più. E questo nonostante la bravura dei catechisti. Il problema, probabilmente, è che sta via via svanendo l’educazione alla fede.

 

Che cosa vi attendete dalla visita Pastorale e quali sono gli obiettivi da raggiungere a breve e media scadenza?

L’attenzione e l’incoraggiamento di un padre verso i figli, questo sicuramente sarà lo spirito del nostro pastore. Che peraltro non sarà mai ospite in parrocchia, essendo lui il vero “padrone di casa”. La visita pastorale è un momento di incontro e confronto, non è un’ispezione, né - come più volte ha fatto intendere il nostro arcivescovo - un’occasione per controllare, valutare o giudicare. Sarà una sosta utile per ripartire ancora più motivati di prima. Abbiamo l’Oratorio, attivato proprio al mio arrivo essendo un luogo di socialità in cui credo tantissimo, un’associazione musicale, una scuola di musica e una banda che continuano a crescere da 32 anni senza aver mai smarrito la vera missione sociale, e non certo commerciale: puntare sui giovani e sulla loro formazione e crescita umana prima ancora che artistica. E c’è poi la confraternita di San Gaetano da sempre in prima linea sul fronte della carità e del sostegno alla comunità parrocchiale, oltre che verso le giovani generazioni tanto con le borse di studio per i ragazzi meritevoli quanto con le adozioni a distanza dei bambini dell’Africa. Sugli obiettivi futuri la sfida è tornare a motivare le persone e mettersi in gioco, rimboccarsi le maniche, sentirsi parte di un progetto e di una comunità. C’è tanta disaffezione e la grande scommessa è riscoprire la bellezza di mettersi in relazione. In merito alla fede, Giovanni Paolo II parlava della necessità di una nuova evangelizzazione. Ecco: è questo quello che serve. Da qui bisogna ripartire senza ostinarsi in una pastorale di conservazione, perché da conversare c’è ormai ben poco, ora è il momento di ricostruire.

 

 

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