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Stillate, o cieli dall’alto! È la proposta musicale, quale canto d’ingresso, composto per il periodo liturgico dell’Avvento dal maestro di cappella della cattedrale di Lecce, Tonio Calabrese.

 

 

 

Il brano riprende e sviluppa l’antifona di introito nella messa della quarta domenica di Avvento, “Rorate cieli”, tratta a sua volta da libro del profeta Isaia (45,8).

Una supplica in cui è racchiuso tutto il significato dell’Avvento e ne conclude il percorso, quasi alla vigilia del Natale, in una domenica che, fino all’VIII secolo veniva definita “vacat”, mancante, poiché si tendeva a dare maggiore risalto ai quattro giorni che la precedevano, coincidenti con le quattro tempora.

“La messa della "feria IV" - spiega Calabrese -, appunto il mercoledì delle "tempora" di Avvento, nel medioevo era indicata come “missa aurea beatae Mariae”, nella quale, d'intonazione spiccatamente mariana, si meditava piuttosto la profezia di Isaia sulla vergine che concepisce e dà alla luce l’Emmanuele, il Dio-con-noi.
Nella sua vulgata, invece, San Girolamo indirizza in chiave cristologica l’originale testo ebraico, per cui il termine “iustitiam” diventa “il Giusto” e “Salvatorem” è tradotto con “salvezza”. In tal modo, il testo si carica di una tale forza espressiva tanto da far divenire la figura di Cristo immagine del “frutto della terra” e dono delle nubi del cielo”.

Ma, ancora, nella sua profezia - prosegue l’organista della cattedrale e direttore del coro diocesano -, Isaia fa riferimento alla situazione della sua Patria, e l’immagine del suo popolo che invoca e attende la pioggia perché la terra possa rifiorire diventa metafora dell’attesa del Messia promesso, del Salvatore d’Israele. Isaia sa che il compimento della promessa può venire soltanto “dall’alto”, da Dio, come la pioggia, che cade dalle nubi. Il testo, allora, risaltato dal canto, si fa voce della Chiesa che con intensità ed emozione sempre più forte invoca la venuta del Signore, re di giustizia e di pace, che porta gioia, salvezza, redenzione”.

Come può notarsi (CLICCA QUI ), l’architettura sonora, già a partire dal primo versetto ritornello, vuol mettere in risalto la supplica che l’uomo rivolge verso il cielo, invocando la discesa del Signore, con una tensione melodica che dai suoni gravi sale verso gli acuti, in particolare nel primo e terzo verso dell’inciso in cui la stessa evoca la preghiera che s’innalza verso l’alto e il germogliare del Giusto dalla terra.

“Ringrazio il Coro “Concordia Vox” di Lamezia Terme, in provincia di Cosenza - conclude il maestro -, che ha voluto farmi dono della REGISTRAZIONE  del brano, frutto di un volontario omaggio in nome di un comune sentire la fede e la liturgia e, dunque, di una stima e di un’amicizia nate virtualmente, in questo tempo di pandemia”.

 

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