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È ormai solo una questione di pochi giorni: dopo i lavori di pulizia e manutenzione ordinaria il prossimo 5 maggio riapre a Lecce la Basilica del Rosario.

 

 

 

All’inizio del triduo (Portalecce nei prossimi giorni darà notizie dettagliate sulle celebrazioni) in onore della festa della Madonna del Rosario di Pompei, infatti, proprio mercoledì prossimo, 5 maggio tornerà la celebrazione della messa nella chiesa che non solo custodisce le spoglie mortali del Servo di Dio don Ugo De Blasi ma è soprattutto scrigno di bellezza e inno alla poesia del barocco leccese. Ecco sinteticamente, a tal proposito, alcuni appunti storico-artistici sulla chiesa che si incontra subito entrando nel centro storico di Lecce da Porta Rudiae..

La chiesa di San Giovanni Battista è più semplicemente nota, per l'appunto, come basilica del Rosario; si cominciò a ripensarne la ricostruzione e prima ancora la progettazione alla fine del Seicento. Lecce in quegli anni era stata profondamente rinnovata sull’onda di quell’interessante fenomeno, a tratti visionario, voluto e incentivato dal vescovo Luigi Pappacoda.

Legittimo pensare che l’inizio simbolico del rinnovamento avvenne proprio quando l’alto prelato auspicò la ricostruzione della cattedrale. Seguirono poi in modo sempre più incisivo i vari ordini religiosi e fra questi anche i domenicani cui il Rosario apparteneva. L’edificio era, infatti, parte integrante di un vasto complesso religioso cui si associava l’attiguo convento con i suoi due chiostri. Non sappiamo le ragioni specifiche delle scelte domenicane, fatto sta che il progetto e la direzione dei lavori furono assegnate a Giuseppe Zimbalo, scultore e architetto, che per conto del vescovo Pappacoda aveva progettato e diretto i lavori proprio della cattedrale leccese. Zimbalo abitava non lontano dall’erigenda chiesa (nella cui cripta occulta si conserverebbe il suo corpo) e non è da escludere che negli ultimi anni della sua vita, aveva circa settanta anni all’epoca dell’inizio dei lavori, frequentasse la chiesa domenicana, quella precedente l’attuale, e passerà gli ultimi anni proprio impegnato in questa fabbrica domenicana dove desiderò essere sepolto. In cambio egli offrì l’impegno a donare al convento quasi tutti i suoi beni terreni esprimendo il desiderio, inoltre, di assicurare alla sua anima messe in suffragio.

L’elemento più interessante di quest’edificio è non tanto la natura decorativa della facciata principale quanto soprattutto la planimetria, il modo in cui è articolato lo spazio.

Un grande, centrale spazio ottagono riservato ai fedeli da cui promanano, sui lati inclinati, gli spazi sacri riservati alle devozioni particolari di santi; sulle direttrici principali, invece, lo spazio centrale si dilata e apre in profondi bracci pressoché uguali sulle cui pareti di fondo si collocano rispettivamente la porta principale, l’altare maggiore e gli altari del Rosario e, sul lato opposto a quest’ultimo, quello del Crocifisso.

Quell’articolazione, infine, si arricchisce di una altrettanto interessante soluzione architettonica relativa ai due piani, dove sono i tre accessi, dettata probabilmente dal contesto urbano in cui l’edificio sorge: l’ingresso alla chiesa avviene prima di tutto, come detto, attraverso la porta principale (in primo piano) che si affaccia direttamente sulla strada che congiunge la porta urbica detta di Rudiae al centro commerciale e politico della città passando davanti al cortile del vescovo, centro religioso urbano per eccellenza. Il sistema di accesso all’edificio sacro domenicano si completa, infine, con due piccole porte laterali collocate su un secondo piano arretrato rispetto a quello della facciata principale.

Tour per immagini di Arturo Caprioli.

 

 

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