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O Augusta Regina delle Vittorie…”. Sono queste le parole con le quali l’arcivescovo Michele Seccia oggi alle 12, nella cappella del seminario di Lecce (diretta su Portalecce e Telerama a partire dalle 11,30 con la recita del rosario) aprirà la toccante Supplica alla Madonna del Rosario di Pompei.

 

 

 

Si tratta di una delle più alte espressioni di devozione mariana degli ultimi tempi. A scriverne il testo (oggi comunque ritoccato in più punti) fu, com’è noto, il Beato Bartolo Longo (1841-1926). Nativo di Latiano, nei pressi di Brindisi, dopo aver trascorso una giovinezza turbolenta, giungendo anche alla pratica dello spiritismo, egli diverrà il più grande apostolo del rosario a cavallo fra XIX e XX sec. Correvano tempi cupissimi. L’unità nazionale aveva regalato al Mezzogiorno un avvenire di estrema sofferenza. La ferocia nel reprimere il cosiddetto brigantaggio, la successiva emigrazione di massa oltreoceano, le stragi di giovani meridionali negli assurdi conflitti di conquista coloniale e infine l’esser trascinati nella tragedia della Grande Guerra furono ferite profonde ed indelebili inflitte all’anima stessa del Sud Italia. A tutto ciò si aggiungeva il clima di dichiarata ostilità verso la Chiesa Cattolica promosso dai governi piemontesi. Dinanzi a tale scenario il Papa Leone XIII (1810-1903), nell’enciclica Supremi Apostolatus Officio, aveva indicato nel rosario una via efficace contro i mali dilaganti. In quest’ottica, le invocazioni della Supplica sono davvero un fascio di luce volto a rischiarare il buio del cuore dell’uomo.

Ma come nacque la preghiera? Essa è legata alla miracolosa immagine della Vergine custodita nel santuario di Pompei e oggi diffusa ed amata nei cinque continenti (se ne conservano copie anche a Lecce, nella basilica del Rosario e presso la chiesa dell’Addolorata). Bartolo Longo, convertitosi in seguito ad un’esperienza mistica nell’agro pompeiano, la ricevette in dono dalle monache del convento di Portamedina a Napoli. La tela, riconducibile alla scuola di Luca Giordano (1634-1705), raffigurava Maria ed il Bambino in trono mentre consegnano le corone del rosario ai Santi Domenico di Gùzman e Caterina da Siena. Era tuttavia piuttosto malridotta: letteralmente corrosa dalle tarme in più punti e danneggiata dall’incuria. Diverse testimonianze concordano sul fatto che venne addirittura condotta a Pompei su un carretto di solito adibito al trasporto di letame. Ma si sa che il cielo sceglie strumenti umili ed eventi impensabili per attuare i suoi disegni.

Una volta restaurato ed esposto ai fedeli, il dipinto sarà protagonista di straordinari miracoli, suscitando un culto fervidissimo ed ispirando appunto la Supplica, recitata ogni anno l’8 maggio in ricordo della posa della prima pietra del santuario avvenuta nel 1876 nella festa dell’apparizione dell’Arcangelo Michele sul Gargano. Si tratta di una curiosità che conoscono veramente in pochissimi, anche tra i più devoti alla Madonna di Pompei. Lo stesso Bartolo Longo, nel 1907, spiegò in una lettera intitolata “perché scegliemmo San Michele a Difensore e Custode del Santuario di Pompei?” il suo pensiero al riguardo: “Se dunque San Michele è il custode di tutta la Chiesa e il difensore di tutte le grandi Opere divine, non era conveniente che a Lui fosse affidata la difesa di questa grande Opera di Dio nell’epoca moderna, che è il Santuario di Pompei?”. La Supplica viene anche recitata nella prima domenica di ottobre in memoria della nota vittoria di Lepanto.        

Appuntamento, dunque, alle 11,30 su Portalecce e Telerama. Alle 12 l’arcivescovo, dopo aver recitato il rosario e interrompendo la lunga tradizione che vedeva ogni pastore leccese in preghiera ai piedi dell’altare dedicato nella basilica del Rosario presiederà il rito della Supplica e affiderà la Chiesa di Lecce alla Madonna del Rosario.

Qui il SUSSIDIO  per seguire da casa la preghiera mariana.

 

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