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Di e su don Gigi si potrebbe andare avanti per ore nel raccontare aneddoti che ne delineano la statura umana, culturale e ministeriale.

 

 

 

In occasione del suo cinquantesimo di ordinazione presbiterale, una riflessione per evidenziare solo alcune delle tante sfaccettature della sua intensa missione umana e sacerdotale.

In una delle tante uscite, organizzate dall'allora parroco don Gigi a cavallo degli anni Ottanta e Novanta con i giovani della matrice di Campi Salentina, si fece tappa a Roma; e, tra le varie bellezze della città eterna, quel gruppo fu condotto nelle Catacombe di Priscilla dove venne invitato dal parroco a prestare massima e devota attenzione all'immagine inerente la figura del Buon Pastore. Sempre con questo Buon Pastore...

Nelle omelie, nelle riflessioni da lui tenute nel corso di tavole rotonde, ritiri spirituali o camposcuola, a volte anche durante colloqui personali... spesso il discorso cadeva o andava in modo non fortuito e non casuale nella direzione proprio del tema e della figura del Buon Pastore.

Nessuna meraviglia o sorpresa, dunque, nello scoprire che don Gigi abbia scelto proprio l'immagine di una statuetta del Buon Pastore, tra le più belle e conosciute custodite all'interno dei Musei Vaticani, per il manifesto di invito del suo cinquantesimo di ordinazione presbiterale.

Ma perché questo tema ricorrente? Semplicemente perché nella sua intera esistenza il caro don Gigi non solo ha parlato del o sul Buon Pastore, ma lo ha letteralmente incarnato, facendo della sua vita, sia pubblica che privata, una sua trasfigurazione fedele.

Nei tanti anni di frequentazione con lui, non si contano le volte in cui siamo stati testimoni fortuiti ma anche fortunati di quel suo stile assolutamente sovrapponibile all'immagine del Buon Pastore e, come logica conseguenza, sovrapponibile alla vocazione presente in colui che sceglie concretamente la sequela di Cristo Buon Pastore.

La dolcezza sempre presente nel suo volto, frutto e riflesso di una dolcezza riveniente dal suo animo, è di certo ascrivibile al carattere dolce comune a tutta la sua famiglia, ai suoi genitori in primis. Certo, in un momento storico caratterizzato non solo dalla violenza in tutte le sue manifestazioni (dalle guerre tra popoli, alle lotte in famiglia anche per futili motivi, tutte sbattute in prima pagina e a cui abbiamo purtroppo fatto l'abitudine), ma più in generale dalla esaltazione nelle nostre quotidianità della "legge del più forte" che sfocia inesorabilmente nel "devi diventare, essere e sembrare forte, stando al passo coi tempi, altrimenti sarai schiacciato dagli altri e dalla società!", ecco che, in un mondo ed in un'epoca del genere, parrebbe fuori luogo ed anacronistico sottolineare, invece, la dolcezza del volto, la bontà d'animo, la delicatezza di atteggiamenti di un uomo e di un pastore di anime come don Gigi.

Ma è qui che si potrebbe commettere un errore di valutazione. Dolcezza, bontà, delicatezza, infatti, non sono da intendersi come "fare un passo di lato", "non prendere posizione", "farsi mettere i piedi addosso", "non esprimere le proprie opinioni o non lottare per esse con convinzione e fermezza". Tutt'altro. Quei valori e tratti caratteriali significano urlare, a volte anche a squarciagola, le proprie opinioni, ma mai rinunciando ad uno stile che ha sempre permeato, permea e permeerà le parole, i gesti ed anche gli sguardi di persone dolci, buone e delicate come il nostro Don Gigi.

Del resto, la dolcezza, la bontà d'animo, la delicatezza in primis della Vergine Maria, ma anche di figure straordinarie e diverse tra loro come Madre Teresa di Calcutta, di Giovanni XXIII (passato alla storia come il Papa Buono) così come di Papa Francesco, di Gandhi, di don Tonino Bello, di Rita Borsellino, di mons. Luigi Bettazzi (figure, queste ultime, che il nostro don Gigi ha avuto il dono di conoscere da vicino), e potremmo continuare con le citazioni di donne e uomini non solo esternamente (con il viso cioè), ma anche con uno stile incarnato nel quotidiano; ecco, questi tratti hanno per caso impedito a tutti loro di essere fermi e decisi nelle loro opinioni? Hanno forse impedito loro di lottare con tutte le energie e con tutte le forze (buone e positive questa volta) per ciò in cui credevano?

Assolutamente no! Sbaglia, perciò, chi equipara dolcezza e bontà d'animo con la debolezza. Perché è questo assioma che dà ragione al detto "...forti coi deboli e deboli coi forti...", che è la rappresentazione plastica del pensiero unico ma anche dell'agire unico della e nella società attuale.

Il nostro don Gigi ha avuto, ha e sempre avrà uno stile che non gli ha impedito, non gli impedisce e mai gli impedirà di esprimere il lato migliore (magari meno evidente, come la faccia della luna che a noi mai si palesa, ma che pure c'è) dell'elemento "forza": vale a dire, avere e lottare con tutte le proprie energie migliori per la "forza delle proprie idee".

Ma ci sia consentito mettere in evidenza un altro indispensabile elemento utile a sottolineare il profilo e la statura del nostro don Gigi: il dialogo.

Se è vero come purtroppo è vero che l'umanità ha - fin dalla notte dei tempi - conosciuto la guerra, abituandosi addirittura alla sua quasi ineluttabilità e che, per la sua continua presenza nella storia ha potuto contare su uomini di guerra, uomini votati alla guerra; allo stesso modo si può serenamente affermare per converso che, per la prosecuzione della specie umana sulla faccia della Terra, l'umanità ha potuto contare su uomini di pace, uomini costruttori di pace. E la pace ha potuto trionfare nella storia (così come auspichiamo possa fare nell'immediato e nel futuro) grazie al primo passo da cui può e deve partire ogni percorso di Pace: il dialogo. Un dialogo "vero", quello cioè non scontato e facile tra uguali, tra chi la pensa allo stesso modo, ma quello difficile ed irrinunciabile tra diversi, o la "convivialità delle differenze", per dirla con l'indimendicato don Tonino Bello.

E sul dialogo il nostro don Gigi ha tutte le carte in regola per essere definito "dottore in dialogo"!

Dialogo declinato in molteplici sfumature. Ma il più importante dei quali, per la sua esperienza umana prima ancora che presbiterale, rimane senza alcun dubbio quello ecumenico.

Il suo viso è sempre stato luminoso ed illuminato, ma raramente questa luce ha raggiunto il massimo della intensità come nei tanti incontri ecumenici da lui organizzati.

In altre parole, don Gigi uomo di dialogo e, dunque, di pace, ci ha insegnato che non può esserci dialogo e pace con gli altri, quindi "fuori di noi", se non ci mettiamo in dialogo "dentro di noi" e se non siamo in pace "con noi".

In conclusione, simbolicamente la testimonianza più importante che, chi ha conosciuto e conosce don Gigi, ha ricevuto, riceve e riceverà potrebbe essere riassunta con l'immagine seguente: la luminosità del suo volto, specchio e riflesso della luminosità del suo animo e del suo cuore di pastore buono di anime.

E, proprio quello di avere la luminosità nel volto, nell'animo e nel cuore, è l'impegno che ci sentiamo di prendere non solo con te, caro don Gigi, ma anche e soprattutto con noi stessi.

Auguri per il tuo cinquantesimo di ordinazione presbiterale. E grazie di cuore per i nostri cinquant'anni vissuti con te e accanto a te come pastore buono.

 

Foto: Archivio Rollo

 

 

 

 

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