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Ogni stradina di Lecce, in questi giorni, sembra portare nell’abbraccio di Piazza Duomo dove un vero e proprio scorcio del Salento rurale sembra essere arrivato dal passato nel cuore sacro della città.

 

 

Con il sottofondo dei Cantori di Ippocrate, il coro composto dai medici del “Vito Fazzi” e i docenti dell'Università del Salento, si è svolta ieri sera, in una Piazza Duomo gremita di gente, la toccante cerimonia di deposizione del Bambinello nel presepe artistico realizzato, su iniziativa dell’amministrazione comunale, al centro della piazza. Il grande presepe è ogni anno diverso ma regala ogni volta preziose suggestioni.

Mons. Michele Seccia, in un primo momento ha chiamato una bambina presente tra l’assemblea per poi deporvi insieme, la statua del Santo Bambino tra Maria e Giuseppe. Presenti anche le autorità civili, fra cui il sindaco di Lecce, Carlo Salvemini e il vicesindaco Sergio Signore.

Una cerimonia semplice ma ricca di significato perché ci ricorda sempre di più la verità più grande. Dopo essersi inginocchiato nella grotta davanti alla Sacra Famiglia di Nazareth, il vescovo ha lanciato il suo augurio in un messaggio di solidarietà e fratellanza: “È inutile che si venera il Bambino nel presepe - ha detto Seccia -, se poi nella nostra vita dimentichiamo di essere immagine e somiglianza di Dio e di portare dentro noi questo stigma forte, questo segno di una dignità che è diversa, che è unica, singolare.” Sono queste le parole usate dal presule durante il breve momento celebrativo per vivere il Natale nel suo pieno significato storico, sociale, antropologico e religioso. E continua “se anche in casa abbiamo fatto il presepe, perché nella propria casa regni il clima del Natale non solo fatto di momenti di festa o di regali, ma regni anche quella solidarietà che fa di noi cristiani tutti responsabili e degni del consorzio umano, ovvero della società.

Oltre all’arcivescovo, anche il primo cittadino ha voluto unirsi agli auguri del vescovo perché “vicino alla parola Natale ci sono due significati imprescindibile, uno come ci ha ricordato il vescovo, la solidarietà cioè l’attenzione verso chi ha bisogno, guardare negli occhi ciascuno in relazione alle proprie necessità. L’altro è la fratellanza, sentirsi uniti gli uni agli altri in uno spirito comunitario che è l’unica possibilità di dar senso alla nostra presenza nel mondo.”

Adesso il presepe è completo e ci ricorda che non è solo una riproduzione di un momento sacro per tutti i cristiani, ma è il momento stesso vivente e fluente, così come lo hanno vissuto i pastori, gli artigiani, i mercanti, i Magi, a Betlemme, 2022 anni fa.

 

Racconto per immagini di Arturo Caprioli

 

 

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