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All’indomani della celebrazione eucaristica presieduta dall’arcivescovo Michele Seccia per fare memoria della Dedicazione della chiesa cattedrale, Portalecce propone ai suoi lettori il testo integrale dell’indirizzo di saluto rivolto al pastore dal vicario generale a nome dell’intera comunità diocesana.

 

 

Eccellenza carissima, ci ritroviamo qui in questa nostra splendida cattedrale, dopo appena due mesi dall’indimenticabile celebrazione del suo XXV anniversario di ordinazione episcopale. Una data quella dell’8 settembre scorso, come lei stesso più volte ha detto, per una ripartenza del suo ministero episcopale nella Chiesa di Lecce. Una prima tappa della sua e nostra ripartenza è rappresentata proprio dall’odierna celebrazione dell’anniversario della dedicazione della cattedrale, celebrazione che già da lungo tempo è diventata la festa dell’unità della nostra Chiesa locale. Una ripartenza che segna anche la ripresa nella nostra diocesi del cammino di formazione per il diaconato permanente, da lei fortemente incoraggiato. Un bel segno questo insieme alla visita pastorale che lei si accinge a svolgere nelle parrocchie, nel solco del cammino sinodale. Ripartiamo da questa cattedrale, dalla sua bellezza e dalla sua efficienza.

Quando fu costruita, fu pensata ad essere espressione di bellezza ma anche espressione di funzionalità. Riscontriamo la bellezza nelle forme architettoniche, nelle forme geometriche, nei capolavori artistici che la decorano, nella distribuzione della luce, nell’armonia dell’insieme.

Ma questa bellezza genera anche funzionalità. Ciò che rende bella questa chiesa, la rende anche funzionale. La bellezza al servizio della preghiera, della preghiera liturgica e personale.

Una bellezza quella del tempio che accoglie un’altra bellezza quella della comunità attorno al vescovo. Una Chiesa nella chiesa.

Ma per noi è più facile intravedere nella bellezza del tempio la sua funzionalità, più difficile intravederla nelle comunità parrocchiali, dove spesso una comunità che funziona, per noi, è l’equivalente di una comunità capace di organizzare eventi, esibire grandi numeri, creare socializzazione, essere frequentata come un centro di benessere (quest’ultima espressione non è mia ma di Benedetto XVI in un messaggio di inizio quaresima).

Siamo consapevoli delle difficoltà che l’attività pastorale incontra oggi in una società dominata dall’individualismo, dal consumismo veloce, dall’a-religiosità e dalla a-moralità, ma questa stessa società ha sete, tanta sete di verità, di bellezza, di speranza; in questa nostra società si nascondono tanti bisogni e tante promesse che la Chiesa è chiamata a intercettare e da cui ripartire per una nuova evangelizzazione.

Papa Francesco, pastore attento a questo nuovo scenario sociale, ci sta indicando le modalità per essere come Chiesa, funzionali ai bisogni profondi delle donne e degli uomini di oggi: diventare il più possibile Chiesa sinodale, Chiesa inclusiva, Chiesa con le porte spalancate, Chiesa attrezzata ad ascoltare e ad accogliere sofferenze, disagi, fragilità, di qualunque persona. In questo modo saremo Chiesa bella, perché somigliante a Cristo Bel pastore.

E tutto questo possiamo farlo in piena comunione di sentimenti e di volontà con lei, padre e pastore, rinsaldando la fraternità fra noi presbiteri, diaconi permanenti, consacrati e dimostrando totale dedizione alle nostre comunità parrocchiali.

Allora, buona ripartenza per lei e per noi insieme con lei.  

 

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