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È iniziata ieri la tre giorni che il clero leccese, convocato dall'arcivescovo Michele Seccia, sta vivendo presso l'aula magna dell'Istituto superiore di scienze religiose metropolitano “don Tonino Bello” di Lecce e avente come tema centrale “Artigiani di comunità. Dai Cantieri di Betania ai percorsi sinodali per il nuovo anno pastorale della Chiesa di Lecce”.

 

 

Dopo la preghiera dell'Ora terza è toccato a mons. Seccia introdurre il senso di questo tempo di grazia e di formazione che ha al proprio centro la dimensione della speranza. Ha affermato: “Cari confratelli nel sacerdozio e cari diaconi, vorrei che, come ministri ordinati, ci riscoprissimo chiamati ad annunciare la speranza che non è la realizzazione di qualcosa che riguarda il futuro; essa è la capacità di fare già oggi ciò che nel tempo può aiutarmi a perseguire il fine ultimo prefissato. Vorrei allora che annunciaste questo non solo dai pulpiti ma soprattutto nella visita agli ammalati che, forse più di ogni altro, faticano ad essere speranzosi”.

Si è, quindi, entrati subito nel vivo dei lavori con la relazione tenuta dal prof. Riccardo Battocchio, sacerdote della diocesi di Padova, presidente dell'Associazione teologica italiana e rettore dell'Almo Collegio Capranica, dal titolo “Chiesa convocata e chiese convocate in Sinodo. Le diverse articolazioni di un cammino condiviso”.

Da subito il relatore ha inteso, attraverso un excursus ecclesiologico, portare l'uditorio a comprendere la fonte della comunione e l'oggetto da annunciare in un cammino sinodale: Gesù Cristo.

Ha detto: “Cari sacerdoti, cari diaconi, il rischio di fare una pastorale di parole eleganti può essere sempre in agguato; abbiamo l’esigenza di guardare alla Chiesa e di concepirla in modo talmente tanto solidale e sinodale da coinvolgersi nella vicenda dell'uomo”.

È, questa, una discriminante fondamentale che consente di sviluppare un itinerario di annuncio che sia fortemente focalizzato in prima battuta sulla missione, compito privilegiato dell'agire ecclesiale. Parlare di missionarietá non è far riferimento all'attività di chi parte in terre lontane per compiere azioni umanitarie ma è la capacità insita nella vita di ogni battezzato e che, radicitus, lo porta ad annunciare il Vangelo in una dimensione ecclesiale universale e particolare.

Bella la riflessione del presidente dell'Associazione teologica italiana: “non è l'uomo ad essere l'ideatore della Chiesa ma è Cristo il suscitatore di quella che potremmo dire essere il grembo privilegiato in grado di donarlo alla storia. Una Chiesa che non parte dalla sua vocazione missionaria finisce per perdere la sua vera e reale identità”.

Questa determinazione, nel quadro presentato dal relatore, è conditio sine qua non per impostare un agire sinodale. Un cammino presbiterale ed ecclesiale non può prescindere dalla dimensione di ascolto che sia volto al coinvolgimento delle varie realtà operanti, non allo scopo prettamente informativo, quanto a quello realmente programmatico e decisionale.

Ancora Battocchio: “Essere Chiesa e Chiese sinodali ci rende prima di tutto uomini di attenzione, capaci di accorgerci dell'altro, di interessarci della sua vita, della sua storia, della sua persona come destinataria dell'annuncio della Parola che salva. Questa azione, dunque, diviene radice del sensus fidei e propedeutica per lo svilupparsi del sensus fidei fidelium”.

Dopo la relazione i presbiteri e i diaconi, ristorati da un buon break-caffè, si sono divisi in gruppi di studio per cercare di declinare in proposte concrete per l'agire del presbiterio e delle comunità parrocchiali gli spunti di una intensa e fruttuosa mattinata di lavoro.

 

 

Photogallery di Arturo Caprioli

 

 

 

 

 

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