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Che coincidenza. Sono nati lo stesso giorno a distanza di ventuno anni uno dall’altro l’arcivescovo Ruppi e l’arcivescovo Seccia.

 

 

Una concomitanza confermata poi dalla grande amicizia e dalla feconda collaborazione nella Conferenza episcopale pugliese nei primi anni del secondo millennio: uno presidente, l’altro segretario. Corroborata dalla successione apostolica nella Chiesa di Lecce e suggellata dal ritorno nella cattedrale leccese delle spoglie mortali del defunto metropolita sotto l’episcopato dell’attuale pastore.

Oggi, infatti, oltre a festeggiare il compleanno dell’arcivescovo Seccia, ricorrono anche i novant’anni dalla nascita di Cosmo Francesco Ruppi avvenuta ad Alberobello il 6 giugno del 1932 e per 21 anni (1988-2009), arcivescovo metropolita di Lecce, il terzo dopo gli arcivescovi Minerva e Mincuzzi: di quest’ultimo, lo scorso 3 giugno, abbiamo ricordato i 25 anni dalla morte.

Dopo aver concluso gli studi presso i seminari di Conversano e Molfetta, Ruppi fu ordinato presbitero il 18 dicembre 1954 dal vescovo di Conversano, Gregorio Falconieri.

Nel 1966 fu chiamato come incaricato, nella segreteria della Conferenza episcopale pugliese (Cep); due anni dopo, dal 1968, fu nominato segretario aggiunto e nel 1977 sottosegretario. Collaborò con presidenti della Cep, Enrico Nicodemo, arcivescovo di Bari e Guglielmo Motolese, arcivescovo di Taranto, fino alla primavera del 1980.

Il 13 maggio 1980 fu eletto vescovo delle diocesi di Termoli e Larino e fu consacrato il 29 giugno 1980 dal card. Corrado Ursi. Il 7 dicembre 1988 fu eletto arcivescovo metropolita di Lecce.

Dell’episcopato leccese sono testimoni le opere e il magistero ma soprattutto la visita nel settembre 1994 di San Giovanni Paolo II (lo aveva già accolto a Termoli nel 1983) e la canonizzazione di un sacerdote leccese, San Filippo Smaldone.

Venne eletto presidente dei vescovi pugliesi l'8 gennaio 1999 e confermato fino al 28 gennaio 2008, quando gli è succeduto l'arcivescovo di Bari-Bitonto, Francesco Cacucci.

Il 16 aprile 2009 Papa Benedetto XVI accolse la sua rinuncia al governo pastorale dell'arcidiocesi di Lecce per raggiunti limiti d'età, presentata due anni prima, il 6 giugno 2007. Ritiratosi in Alberobello dove aveva edificato attraverso la Fondazione Giovanni XXIII da lui appositamente creata, una casa di riposo per anziani, lì morì dopo una lunga malattia il 29 maggio 2011. La messa esequiale fu presieduta dal card. Salvatore De Giorgi nella chiesa matrice dei Santi Medici di Alberobello il 31 maggio successivo. Dal 30 dicembre 2019, per diretto interessamento di mons. Seccia, il suo corpo riposa nel duomo di Lecce ai piedi dell’altare di San Filippo Neri, come da sue volontà testamentarie.

In occasione della morte, ricordando il profilo dell’arcivescovo Ruppi, così si esprimeva Nicola Paparella dalle colonne de L’Ora del Salento, il settimanale diocesano rifondato da Ruppi a Lecce nel 1991 - nota era infatti la sua passione per la comunicazione e il giornalismo -: “È morto un grande uomo. L’ho conosciuto quarant’anni fa e posso dirmi testimone di molti episodi significativi della sua straordinaria personalità. L’ho seguito in Terra Santa ed ho visto quanto profonda e sofferta fosse la sua preghiera, sempre attenta alle vicende del mondo, ai bisogni degli ultimi, alle attese della Chiesa, alle sofferenze di chi gli chiedeva aiuto. Sapeva dialogare con tutti ed amava incontrare le persone, individuandole nei loro nomi, nella loro dimensione domestica e nelle relazioni pubbliche”.

“Aveva uno straordinario senso delle istituzioni - continua il docente universitario - per le quali cercava sempre di valorizzarne le funzioni e i ruoli sociali, mettendo però al primo posto la gente, il popolo, i cittadini. Soffriva per la disoccupazione e soprattutto per il disagio dei giovani. Mi chiedeva spesso notizie di quel che fanno gli studenti, di quali fossero le loro ansie, di quali prospettive venivano loro offerte”.

“Disponeva di una buona cultura, sapeva far tesoro della storia e poteva contare sulle sue non comuni doti di intelligenza. Dinanzi alle difficoltà, cercava di capire dove si nascondessero le radici dei problemi e quando la situazione gli diventava chiara, allora riusciva ad avere un guizzo di intelligenza creativa. Ed erano le sue intuizioni che poi trasformava in progetti. Sapeva essere deciso e, nel contempo, umile. Una volta individuata la soluzione di una difficolta, amava parlarne con i suoi collaboratori, interpellava esperti ed autorità, con cui metteva a confronto quanto egli aveva già ipotizzato, e poi passava rapidamente all’azione, Prudente nelle valutazioni, deciso nelle scelte, tenace nella progettazione, perseverante nella realizzazione dei suoi disegni: ecco mons. Ruppi, un uomo d’azione, che sapeva riflettere, che accettava il confronto anche critico e poi agiva senza risparmiare fatiche, per sé, innanzitutto, e per i suoi collaboratori”.

“Amava la Chiesa di Lecce. Era sempre legato al suo paese natio e ai luoghi nei quali la Provvidenza lo aveva mandato; ma per la Chiesa di Lecce aveva un sentimento di particolare tenerezza, così come una speciale attenzione rivolgeva ai destini della città e alle turbolenze politiche che talvolta l’attraversa vano. In più occasioni si fece promotore di dialogo, garante di patti collaborativi, animatore di intese basate soltanto sul senso dell’amicizia e sul criterio della buona volontà”.

“Nelle sue premure pastorali - concludeva Paparella - un posto centrale lo avevano i sacerdoti, per i quali pregava incessantemente e per i quali sapeva essere paterno e solidale, maestro ed amico. Molto si è speso per i problemi della famiglia e soprattutto per i giovani. Tanto ha fatto per la città e per la Chiesa di Lecce. Oggi, dal cielo, fa ancora sentire le sue parole di incoraggiamento, il suo invito a servire la Chiesa, ad onorare le istituzioni, ad amare la città”.

 

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