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Sono terribili le notizie che giungono nelle ultime ore dall'Ucraina. La guerra è iniziata e le conseguenze peggiori, come sempre accade, le vivono già i poveri e chi non ha mezzi sufficienti a fronteggiare un’emergenza così crudele.

 

 

 

Le cronache registrano già incolonnamenti di auto ai confini delle Slovacchia e della Moldavia, Paesi più prossimi all’Ucraina bersagliata dalle esplosioni e che già piange le prime vittime. Ai confini della Moldavia per l’appunto. Dove, da oltre vent’anni la Chiesa di Lecce è presente attraverso l’opera missionaria e il ministero presbiterale di don Cesare Lodeserto, sacerdote fidei donum, vicario generale della diocesi di Chisinau e presidente della Fondazione Regina Pacis, affiancato negli ultimi due anni da un altro nostro sacerdote fidei donum, don Massimiliano Mazzotta.

Ieri mattina, già all’udire l’eco dei primi rumori della guerra, don Cesare ha voluto informare l’arcivescovo Michele Seccia: “Le informazioni che lei ha già dai media - scrive don Cesare - fanno ben comprendere in quale situazione si trova la Moldavia. Le posso garantire che non è stato bello sentire questa mattina (ieri per chi legge ndr) le esplosioni dei bombardamenti. Ho pianto...”.

“Si odono venti di guerra e sembra tutto irreale - aveva già anticipato all’alba di ieri nel suo pensiero social quotidiano -, nel mentre ai tavoli della politica, che tenta di delineare pagine di storia, si discute e si cercano motivazioni per costruire una pace che duri nel tempo. Nello stesso tempo c’è un popolo che soffre e già vive situazioni difficili, per cui si chiede che senso possa avere una guerra della quale non c’è certamente bisogno e che si vuol consumare nel cuore della civiltà e della cristianità. Nel mentre si odono i primi rumori degli strumenti di morte, c’è chi ha paura, teme l’incerto futuro, spera che prevalga il buon senso, cerca di comprendere cosa fare per salvare la propria vita”.

Ma presto lo scoramento e la paura hanno lasciato il posto all’azione. “Ora dobbiamo dedicarci all’accoglienza dei profughi - continua così il messaggio del missionario leccese all’arcivescovo - che ormai sono in arrivo e mi sembra di tornare ai tempi di Regina Pacis a San Foca con Albanesi, Kossovari e Curdi. Lo spirito è lo stesso, forse i rischi un po’ più elevati, ma la carità chiede di donare tutto senza timori e sempre forti nella fede”.

“Ho fatto un incontro con tutti i collaboratori ed abbiamo deciso come Fondazione Regina Pacis di muoverci secondo un programma preciso: inizieremo dall’ampliamento della produzione dei pasti presso la mensa Papa Francesco di Chisinau al massimo delle possibilità, sia per la produzione che per la distribuzione”. Ma non c’è solo l’urgenza del numero dei pasti: “Vogliamo adeguare - prosegue don Cesare - la struttura di Varvareuca (confine ucraino) per l'accoglienza di famiglie in fuga. Per questo abbiamo avviato contatti con la locale amministrazione comunale per l'individuazione di altri ambienti disponibili da prendere in uso”.

La Fondazione, inoltre, è già al lavoro per l’individuazione di strutture dello Stato con le quali collaborare per la distribuzione di viveri e beni di prima necessità e per trovare nelle zone rurali al di fuori della capitale qualche abitazione da affittare e rendere disponibile per l'accoglienza di famiglie con portatori di handicap. Don Cesare, don Massimiliano e gli altri collaboratori - con il direttore Ilie Zabica sempre in trincea - si sono già attivati per allestire alcuni depositi di vestiario, di viveri, di materiale igienico per avere sempre il massimo delle disponibilità e, per quanto possibile sostenere le parrocchie cattoliche che fanno richiesta di beni e collaborazioni.

“A lei ed alla nostra Chiesa di Lecce - conclude don Cesare nel suo appassionato messaggio a mons. Seccia - chiedo il dono della preghiera e della vicinanza. Grazie”.

 

Forum Famiglie Puglia