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Il nostro viaggio sulle tracce di Sant’Oronzo parte dal cuore della Puglia, da Turi, cittadina-sorella di Lecce per il culto dedicato al protovescovo salentino. Qui incontriamo l’arciprete don Giovanni Amodio, artefice del Giubileo Oronziano pervenuto ormai alle battute finali.

Don Giovanni, l’Anno Oronziano volge al termine: è stata un’epopea!

Senza dubbio si è scritta un’importante pagina di storia locale. Nel corso di questi mesi Sant’Oronzo ha compiuto tanti miracoli, Turi è divenuta un angolo di cielo. L’intera comunità ha ripreso coscienza delle radici cristiane, si è stretta in un profondo abbraccio intorno al proprio padre ed ha ritrovato quella santa gioia, quel giusto orgoglio di appartenere a Cristo. Le celebrazioni poi sono risultate partecipatissime ed intense a livello spirituale. Come parroco non posso che essere felice.

Il vero evento è stato però l’arrivo dalla Croazia della venerabile reliquia del santo…

Assolutamente! Stando alla tradizione, Oronzo viene martirizzato nel 68 d.C. Dunque cadeva il 1950esimo anniversario della morte. Non si poteva lasciar passare sotto silenzio una ricorrenza tanto importante, così abbiamo cercato di solennizzarla. C’era un sogno: portare a Turi qualcosa che rendesse tangibile la figura del patrono. Una pista da percorrere l’avevamo. Gli studi di mons. Protopapa documentavano la presenza a Zara del capo del santo. Perché allora non portarlo qui per i festeggiamenti? La cosa tuttavia non era semplice. Non potevamo certo andare in Croazia a dire: “Noialtri di Turi vogliamo la reliquia di sant’Oronzo, datecela!”. Un reliquiario non è solo un oggetto prezioso per la fede ma anche un bene storico-artistico. Era necessario quindi accreditarsi, essere riconosciuti. Il nostro vescovo, mons. Favale, che aveva sposato subito il progetto, ha dunque preso contatto con Zara ma decisivo è stato il coinvolgimento delle nunziature dei due paesi.

Cosa è avvenuto una volta giunti in Croazia?

All’inizio sembrava filare tutto liscio. A Zara il reliquiario del Caput Sancti Orontii c’era. Ad un tratto però abbiamo dovuto ammettere che qualcosa non quadrava. Sulla base di documenti reperiti in loco, quell’urna conteneva sì il cranio di un sant’Oronzo ma decapitato addirittura in Gallia nel IV sec. Si trattava insomma di un martire omonimo del primo vescovo leccese.

Mons. Protopapa aveva preso un clamoroso abbaglio?

Proprio così. Ma non per demerito. I suoi viaggi si svolsero in condizioni molto ardue. C’era ancora il regime comunista, in Jugoslavia era difficilissimo già solo entrarci. Gli stranieri venivano tenuti d’occhio e mandati via quanto prima. Certo, in quel momento, riconoscere che si era sbagliato è stato un duro colpo. A me tornò in mente il vescovo Ruppi che, in un’occasione, non mi nascose il suo scetticismo in merito a quella reliquia. Chissà, forse aveva intuito che non era la strada giusta. 

Sì, ma poi c’è stato un colpo di scena…

Non posso non raccontarlo con emozione. Nonostante la brutta sorpresa, Sant’Oronzo era con noi. Lo sentivamo presente, era vicino. Voleva tornare in Puglia, tra il suo popolo. E così si è lasciato trovare. Con grande meraviglia infatti abbiamo saputo come a Nona, l’antica capitale croata, sia custodito un cofanetto dell’XI sec. che conserva la tibia di un Oronzo del tutto identificabile con il nostro patrono. Questo è il reliquiario che abbiamo portato a Turi in Agosto. Non sono uno storico ma posso ben dire che è stata fatta una scoperta notevole: quella sacra tibia potrebbe essere l’unica reliquia del martire giunta sino a noi mentre la figura scolpita sulla teca la più antica iconografia di Sant’Oronzo oggi nota. 

E così si è giunti al giubileo?

A dire il vero, io avevo chiesto una semplice benedizione papale. Poi una mattina, le signore che tengono in ordine la sagrestia mi consegnano un foglio trovato per terra. Era un fax da Roma: la Penitenzeria Apostolica concedeva il giubileo! Credo che il messaggio più profondo dell’anno che abbiamo vissuto possa esprimersi con le parole del Salmo: “Ciò che i nostri padri hanno raccontato non lo terremo nascosto ai nostri figli, diremo alla generazione futura le lodi del Signore”.

don giovanni amodio nella sacra grotta di turi

 

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