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Con l’eucarestia officiata da mons. Michele Seccia ed il concerto per solo organo “Il Suono del Sacro” diretto dal maestro Carlo Scorrano, si sono aperti in cattedrale i riti della solenne undena dedicata ai santi patroni di Lecce.

Undici giorni di preghiera che vedranno alternarsi nelle liturgie in duomo, oltre all’arcivescovo, anche il parroco del centro storico don Antonio Bruno, il vicario episcopale per la pastorale organica don Damiano Madaro ed i vicari foranei don Luca Nestola e don Gianni Ratta. Filo conduttore delle celebrazioni sarà il testo dell’intensa Lettera pastorale Ascolta Popolo Mio.

La consueta undena che precede la memoria liturgica vera e propria del 26 agosto, ricorda le undici giornate trascorse da Sant’Oronzo nel carcere sotterraneo della città, prima di essere condotto fuori le mura e decapitato dagli sgherri del preside romano Antonino.

Tale notizia, comunque ignota alle fonti oronziane cinquecentesche come l’Apologia Paradossica LEGGI QUI o la Vita de’ Santi Giusto et Orontio LEGGI QUI, compare nell’opera I primi martiri di Lecce, redatta nel 1672 dal nobile Carlo Bozzi, membro dell’entourage del vescovo Pappacoda. L’autore, dopo aver narrato il periplo apostolico che aveva condotto Oronzo ad evangelizzare diverse contrade pugliesi, completa infatti il racconto riferendo le vicende dell’arresto, della prigionia e del martirio del santo. Stando alle pagine del Bozzi dunque, nell’area dove ancora oggi si ammira la chiesa della Nova, a poca distanza dall’attuale Porta Napoli, doveva sorgere il palazzo del governatore romano. Questo edificio risultava corredato da una serie di celle, anguste quanto oscure, destinate ad ospitare i condannati a morte in attesa di esecuzione. Qui sarebbe stato rinchiuso anche Oronzo, subendo ogni sorta di tormenti prima dell’effettiva sentenza capitale.

È ovvio che le notizie offerte dal Bozzi, sebbene plausibili almeno in linea generale, non possono essere verificate dal punto di vista archeologico. Ciononostante esse vennero pacificamente accolte dagli agiografi oronziani dei secoli successivi. In ottica spirituale tuttavia il pieno riscontro della storicità dei fatti conta solo sino ad un certo punto. L’immagine di Oronzo imprigionato e condotto al supplizio ricordata dall’undena non è mai stata tanto viva e reale come nella nostra epoca, dove i cristiani sono ormai il gruppo religioso più perseguitato a livello mondiale tra la completa indifferenza dei poteri forti e dei mass media. I terribili attentati in Sri Lanka nel giorno di Pasqua sono caduti presto nell’oblio mentre in Siria, Pakistan, Egitto o Nigeria, come in tanti altri paesi asiatici o africani, la situazione delle chiese locali resta a dir poco drammatica. Dei tantissimi ed anonimi perseguitati per la fede di Cristo, Oronzo è come se fosse l’emblema. Ma, ad esser sinceri, nella presente congiuntura storica, il Cristianesimo subisce una dura persecuzione anche in Occidente. Non in modo violento ma più subdolo, attraverso una pervasiva campagna socio-culturale volta ad eclissare se non a distruggere quanto i popoli europei hanno costruito attraverso i secoli proprio in nome della loro fede nel Messia Nazareno. Anche in questo scenario, la figura del primo vescovo di Lecce risulta quanto mai attuale.                      

                                                                                                             

 

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