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Dopo aver toccato Turi, Botrugno, Arnesano e Novoli, il nostro itinerario alla scoperta del culto di Sant’Oronzo in Puglia giunge ad Ostuni, una civitas oronziana per antonomasia. Qui incontriamo il prof. Dino Ciccarese, vero custode della memoria storica del luogo nonché autore dell’interessante volume Sant’Oronzo sentinella di Terra d’Otranto.

 

Prof. Ciccarese, come nasce il legane tra gli ostunesi ed il nostro santo?

È una faccenda complessa. Allo stato attuale delle ricerche, si può dichiarare che, ad Ostuni, la figura del santo fosse conosciuta e venerata già tra la fine del XV e gli inizi del XVI sec. I registri dei battezzati e i documenti delle visite pastorali provano infatti che il nome Oronzo era portato da diversi sacerdoti e comunque veniva dato ai bambini. Sempre nel ʼ500 poi doveva esistere già, nei pressi del Monte Morrone, una chiesa dedicata al martire. In ogni caso all’epoca il culto oronziano si affiancava ma non superava quello per altri santi amati dagli abitanti del posto, primo fra tutti San Biagio di Sebaste. L’amore per Sant’Oronzo tuttavia esplose letteralmente dopo che il popolo gli attribuì la salvezza della propria città dalle terribili epidemie di peste del 1656-57 e del 1690-91.

Cosa accadde in quegli anni?

Dei documenti importantissimi che raccontano quanto avvenne ad Ostuni in quelle due occasioni sono il discorso epidittico I prodigi di Castorio Sorano del 1659 e la Relazione a Papa Innocenzo XII del 1691 redatta, con ogni probabilità, da Nicola Francesco Fatalò. Si ricordi che Innocenzo XII (al secolo Antonio Pignatelli, 1615-1700, n.d.r.) prima di ascendere al soglio fu successore di mons. Pappacoda nell’episcopato leccese. Questi due testi ricordano come nel 1656, al fine di contenere lo sviluppo della pestilenza che infuriava per quasi tutto il regno, si provvide a costituire un cordone sanitario-militare che separasse l’area barese, dove ormai dilagava il male, dalla Terra d’Otranto. Tale linea di demarcazione passava proprio dal territorio di Ostuni. Or avvenne che, in quelle drammatiche circostanze, i soldati posti a presidio della zona iniziarono ad essere testimoni di singolari apparizioni. Più volte fu notato sulla cima del Morrone un personaggio dall’aspetto ieratico, rivestito di abiti sacerdotali, levare in cielo una croce come a benedire la città. Altre lo si vide come fare la sentinella per i viottoli della collina per poi, improvvisamente, sparire. Quei militari insomma avvertirono la presenza misteriosa e potente di qualcuno che vegliava su di loro e che al loro fianco proteggeva Ostuni e il Salento tutto dall’epidemia. Il popolo riconobbe in quell’ignota figura Sant’Oronzo e, da quel momento, la devozione divenne ardentissima.

Qual è oggi il senso più profondo del culto oronziano ad Ostuni?

Per secoli il popolo ostunese ha nutrito una sconfinata fiducia nel proprio patrono. Ciò ha reso Sant’Oronzo un amico, un confidente, un fratello maggiore da chiamare in causa sempre e ovunque, per necessità spirituali e urgenze materiali. Oggi purtroppo il disincanto e la distrazione moderna hanno quasi scardinato l’identità religiosa popolare, stracciandone il fervore orante. Così il santo viene sempre più confinato solo nei suoi monumenti, cui distrattamente si concede un’attenzione urbanistica, oppure nei ricordi di obbligata circostanza orfani anche di nostalgia rievocativa. Ma Sant’Oronzo non è questo! Un martire della fede cristiana è una figura che può davvero salvare dalla tragica condizione di banalità umana del nostro tempo. A noi dunque la missione di riscoprire il nostro patrono.      

                                                                            

 

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