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 L’architetto Giuseppe Fiorillo, responsabile dell’Ufficio diocesano per i beni culturali, è noto per il suo profondo amore per il patrimonio storico del nostro territorio e per i numerosi interventi di restauro condotti per la salvaguardia delle chiese barocche del centro storico leccese, di cui ha più volte segnalato le delicate condizioni di salute artistica. Lo abbiamo contattato per ascoltare le sue opinioni in merito al futuro della statua di Sant’Oronzo ospitata attualmente a Palazzo Carafa.

 

Architetto Fiorillo, l’intervento di recupero della statua di Sant’Oronzo ha aperto una discussione sul futuro dell’opera. Che idea si è fatto?

A mio giudizio, il trasloco della statua cui si è assistito nei giorni scorsi non può che essere visto in una sola ottica: si è trattato di una discesa definitiva. In fondo, la proposta della sostituzione dell’opera originale con una copia era stata seriamente presa in considerazione negli anni ʼ80. Ciò significa che già allora le condizioni del simulacro dovevano apparire ben poco floride. Poi però, forse per i costi proibitivi, la cosa venne lasciata cadere e si procedette con quel discutibile restauro che, se da una parte, ha sventato il pericolo del distacco delle lamine di rame esterne, dall’altra, ha oltremodo acuito i cronici problemi della struttura lignea portante. Penso dunque che quella del duplicato sia l’unica strada percorribile. 

 

Una fetta di cittadini tuttavia fatica ad accettare l’idea di un “pensionamento” della statua del santo patrono…

Ma qui nessuno vuole mandare in pensione Sant’Oronzo, ci mancherebbe. Qui c’è un’opera d’arte da salvaguardare. Del resto, quale sarebbe l’alternativa? Ricollocare la statua autentica sul capitello per poi abbandonarla di nuovo per decenni e ritrovarsi infine a farla discendere un’altra volta, magari in condizioni ancora più compromesse, non mi pare sia una scelta di buon senso. Anche la possibilità di intervenire sul manufatto con prodotti nuovi, recenti o alternativi al fine di renderlo impermeabile agli agenti atmosferici è, a mio parere, da scartare perché si tratterebbe di un restauro scorretto, troppo invasivo per un’opera del ʼ700 che si trova, per di più, in condizioni alquanto delicate. L’ideale quindi sarebbe quello di salvare la statua attraverso dei meri interventi di consolidamento statico e dei materiali già esistenti, lasciando pure le fessure aperte, laddove ci sono, ma conservando l’opera assolutamente al coperto.         

C’è anche chi si dice preoccupato del fatto che la presenza di una copia sostitutiva sulla colonna possa rappresentare un danno alla bellezza della nostra piazza principale.

Non credo affatto che si corra un tale rischio. Nel settore del restauro di beni artistici, le tecnologie odierne hanno raggiunto un livello che, negli anni ʼ80, non sarebbe stato neppure immaginabile. Oggi esiste infatti la concreta possibilità di ottenere un duplicato perfetto del simulacro originale che, nella cornice della piazza, non sfigurerebbe di certo. In definitiva, credo che questa sia la scelta migliore da compiere.

 

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