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Ci dicono che il mondo che viviamo sia vicino al collasso, ma non solo per il cambiamento climatico, anche per i fenomeni legati al mondo del lavoro, che segnano l’esaurimento di un sistema, come le grandi dimissioni o i sempre più frequenti casi di burnout.

 

 

 

Siamo in prossimità di un salto, che impone non dei leader, non dei capi, ma umanisti, cioè persone in grado di rimettere l’uomo al proprio posto, che è esattamente il centro di ogni trasformazione.

Si dice spesso, che stiamo attraversando una stagione di cambiamenti, invece, sarebbe più corretto dire che si tratta di una stagione di trasformazione. La differenza non è solo lessicale: il cambiamento è esteriore, la trasformazione è interiore. Questo vuol dire che, come umanità, stiamo prendendo un’altra strada, stiamo assistendo ad un passaggio di forma, come dice il termine stesso.

Il tutto avviene senza gradualità, perché il salto ci impone di passare immediatamente da un’altra parte. E qui va posto l’accento sul ruolo della tecnologia: lo strumento della trasformazione non è la tecnologia, bensì l’essere umano.

Ricordiamo, inoltre, che la tecnologia non è buona o cattiva, lo è l’intenzione di chi la crea e la usa, dal che deriva che non c’è trasformazione sena intenzione umana.

La situazione attuale ci impone di assumerci le nostre responsabilità: la trasformazione non si può attribuire agli strumenti, ma alle nostre intenzioni.

Poiché nasceranno nuovi sistemi organizzativi, politici ed educativi, avremo bisogno di guide, piuttosto che di eroi, che ci aiutino a cambiare strada. Altrimenti, non servirebbero leader, ma solo dirigenti.

Servono leader umanisti, che ci aiutino a trasformare noi stessi, prima che le imprese, la società e il mondo.

I leader umanisti, persone consapevoli di sé e del proprio ruolo, ci dovranno aiutare, ad esempio, a liberarci dai condizionamenti del “si è sempre fatto così”. La leadership umanista fa crescere altre persone, facendo esprimere il loro potenziale. Assieme ai singoli, anche le istituzioni, che sono sistemi di persone e di relazioni, dovranno compiere lo stesso cammino.

Dovranno connettersi, oltre che tra loro, con i propri componenti, convinti di dover condividere le ragioni per cui sono nate, in coerenza con la propria vocazione. Quando cambia un’epoca, cambia anche il vocabolario. Solo alcune parole continueranno ad essere significative.

Tra queste ci sarà: economia. Ma intesa nel senso delle origini, che rimanda allo scambio, profondamente umano, perché fondato sulla relazione. Se l’essere umano svilupperà la propria consapevolezza, l’economia assumerà un significato più ricco e gli stessi scambi economici saranno più ricchi per le persone.

 

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