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Tra le diverse fonti letterarie dedicate al santo carpentiere di Nazareth, la Storia di Giuseppe il falegname risulta avere un’importanza precipua.

 

 

Si tratta di un apocrifo databile intorno al VII sec. anche se, con ogni probabilità, frutto di tradizioni molto più remote. Lo scritto ci è giunto in arabo e in due differenti dialetti egiziani, il boairico ed il saidico. Tali versioni sembrano tuttavia presupporre un precedente originale greco. In ogni caso, appare chiaro l’ambiente copto cui l’opera rimanda. L’autore del testo si presenta come un membro del collegio apostolico ma senza svelare la propria identità. Egli riporta un lungo discorso tenuto da Cristo ai discepoli presso il Monte degli Ulivi in cui viene rievocata la vita e soprattutto il transito del grande patriarca.

Giuseppe è descritto come un uomo giunto alla bella età di centoundici anni, con i sensi e le forze fisiche ancora intatte. Un angelo però lo avverte della morte ormai vicina ed il santo falegname, turbato dall’annuncio, compie il suo ultimo pellegrinaggio al tempio. Al ritorno in Galilea, è costretto a mettersi a letto ed entrato in agonia si accusa, con eccessiva severità, di numerosi peccati. Dinanzi a tanta angoscia, Maria e Gesù cercano di confortarlo. Nel momento supremo, mentre tutti i membri del clan familiare piangono di dolore, ecco comparire Amente, il demone dell’oltretomba, col suo terribile seguito. Ma Gesù, scacciate via queste infauste presenze, raccoglie l’estremo atto di fede del vecchio morente ed intercede per lui presso il Padre Celeste. Così Giuseppe si addormenta e la sua splendida anima viene condotta in cielo dagli arcangeli Gabriele e Michele. Il suo corpo sarà poi unto di oli profumati, avvolto in un candido manto da una schiera di spiriti celesti e deposto nel sepolcro. Gesù ne annuncia l’incorruttibilità e dichiara quindi che chiunque avrà compiuto un atto caritatevole nel ricordo di Giuseppe o avrà scritto qualcosa in suo onore o dato il suo nome ad un figlio sarà benedetto in questa vita e nell’altra.

Che cosa si cela dietro queste pagine? Innanzitutto è lecito ammettere che proprio nella ricezione di tale racconto in Occidente affonda le radici il patronato del santo sugli agonizzanti ed il suo essere considerato grande intercessore per le anime del Purgatorio. Ma c’è dell’altro. L’opera fissa il transito del patriarca per il 26 del mese copto di Abîb, detto anche Epep (corrispondente al nostro 2 agosto). Si tratta di un giorno un tempo consacrato ad Osiride, il dio dell’aldilà dell’Antico Egitto. Secondo alcuni è dunque ipotizzabile che il culto di San Giuseppe tra i copti (e la lettura della sua storia in questa specifica ricorrenza) abbia sostituito degli arcaici riti pagani locali.

 

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