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Nel Salento il santo protegge dall’epilessia, popolarmente indicata come lu male te Santu Tunatu, il male di San Donato.

È noto che in antico l’epilessia fu ritenuta una malattia diversa dalle altre, dovuta alla presenza di un Dio o di un dèmone e ciò forse a causa della singolarità delle sue manifestazioni.

In passato per sottolineare un torto subìto ingiustamente, si ricorreva alle imprecazioni nominando i santi coi loro patrocini e, quindi, si sentiva: santu Itu cu tte rraggia, sant’Antoni cu tte dduma, cu tte pigghia lu male te santu Tunatu, San Vito che ti porti la rabbia (ti faccia diventare idrofobo), Sant’Antonio che ti accenda, che ti prenda il male di san Donato ossia che ti venga l’epilessia.

Quando qualche persona sofferente di epilessia veniva colta da un attacco del male per strada e si dibatteva e schiumava, le donne del vicinato che accorrevano a dare una mano e un minimo di sollievo, richiedevano insistentemente una chiave “mascolina” cioè senza buco. Vigeva un’antica e diffusa opinione secondo la quale, riuscendo a fare stringere nella mano dell’epilettico una chiave con quella caratteristica, le convulsioni sarebbero cessate. Pure a Lecce pure esisteva questa consuetudine: si metteva la chiai masculina, la chiave mascolina, nella mano sinistra dell’epilettico.

Un modo di dire è il seguente: Te santu Tunatu o riccu o dannatu, di san Donato o ricco o dannato; si riferisce al contadino che può tranquillizzarsi sul futuro raccolto delle olive perché in questo periodo l’olio comincia a formarsi all’interno della drupa.

Per approfondimenti: R. Barletta, Quale santo invocare?, Edizioni Grifo, 2013

 

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