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La grande cena della vigilia di Natale, con le sue tredici portate, attentamente contate, prevede il pesce come pietanza di base, dall’immancabile tumacchiu”, al baccalà con gli spunzali, bulbi di cipolla germogliati; dai crostacei; agli spaghetti alla pizzaiola, sughetto di pomodoro con tonno, capperi; dall’arrosto di pesce fino all’antica simbologia cristiana del pesce di pasta di mandorla, ottenuta amalgamando sapientemente mandorle e zucchero, e che si aggiunge alle altre dolcezze del Natale salentino.

Il pranzo natalizio, con l’antipasto di pittule, fuccazzieddhri, e altro, prevede il rituale del brodo di tacchino o cappone con i triddhi, minuzzoli di pasta di semola con uova, formaggio grattugiato e aromi. Ampie, tuttavia, sono le possibilità a cui attingere, in base alle tradizioni locali e famigliari, estendibili al cenone e al pranzo di Capodanno. Per citare alcune ricette: gnocchi di pasta di semola conditi con il baccalà; pasta ai “mugnoli”, cardi al forno, spaghetti alla pizzaiola, tipici della cena della vigilia di Natale, spaghetti con le cozze, tubettini al sugo di cernia, simulata con le cozze, antichissima ricetta che si dice di origine araba, municeddhri, pregiate lumache dal guscio marrone, al vino bianco, “sagne” al forno e quant’altro le singole tradizioni locali e famigliari comportino.

Non c’è che l’imbarazzo della scelta anche per i secondi: grigliate o fritture di carne, prevalentemente bianca, o /e pesce, pepata di cozze, gamberoni rossi di Gallipoli, la “scapece”, spiedini d’anguilla con l’alloro. E ancora agnello al forno con patate, il più gettonato dalla tradizione, schiacciatine di manzo, polpette fritte, cervello fritto o al gratin, polpettone, il cappone lesso accompagnato da coloratissima insalata. Tra i contorni spiccano le rape infucate, rape lessate e insaporite con olio, aglio e aceto, ottimo accompagnamento di arrosti, insalata di polpo e ricotta fritta,olive arrostite, carciofi fritti. A seguire frutta di stagione, in particolare mandarini e arance e, trovandoli, i rusciuli, dono della macchia mediterranea,  frutta secca, mandorle, noci, castagne del prete, ovvero castagne essiccate, tostate in forno e verdure freschissime, sedano, finocchi, cicorie per preparare il palato al trionfo dei dolci, compresi fraule, mostaccioli e altri, che conclude sontuosamente il menu delle feste.

Curiosità

Il 25 dicembre è astronomicamente il momento dell’incombere del buio sulla natura, ma anche quello in cui la luce lentamente comincia ad imporsi; per questo è stato scelto come giorno della natività di Gesù, almeno nell’emisfero boreale. L’antica saggezza contadina esprimeva a suo modo questa realtà che rappresenta l’inizio della rigenerazione della natura, fondamentale per una civiltà rurale, con una serie di  deliziosi proverbi; “De Natale lu giurnu pare” (“A natale compare il giorno”), “De Natale alla Strina nu pete de caddhrina” (“da Natale a Capodanno, il giorno si allunga quanto il piede di una gallina”) “De Natale alla Candelora la sciurnata se llunghisce te n’ora” (“Da Natale alla candelora la giornata si allunga di un’ora”).

La preparazione del presepe impegnava tutta la famiglia nella ricerca dell’occorrente: tavole di legno cemento, sughero, muschio. Recuperato l’occorrente il capofamiglia “cucia la ponnula” (cuoceva la ponnula), una colla, indispensabile per il presepe, preparata mescolando e cuocendo acqua e farina. Momento solenne era la deposizione “te lu Mmamminieddhhu” nella mangiatoia da parte del piccolo di casa che recitava devotamente nu sunettu, tra l’emozione generale.

A tutti buone Feste, all’insegna della serenità e di rassicuranti tradizioni!

 

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