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Dopo poco più di un anno di intensi lavori, la chiesa di Sant’Anna a Lecce ieri è stata riaperta al pubblico attraverso una cerimonia presieduta dall’arcivescovo Seccia ed un concerto del Conservatorio “Tito Schipa”. Per l’occasione abbiamo incontrato l’architetto Giuseppe Fiorillo, direttore dell’ufficio diocesano per i beni culturali.

Dott. Fiorillo, si è lavorato sodo ma ora ci siamo. Le porte di S. Anna tornano a schiudersi…

Posso ben dire che alla città viene restituito uno dei suoi gioielli più preziosi perché, senza dubbio, S. Anna è una testimonianza importante del barocco leccese. A volere il complesso architettonico fu la nobile Teresa Paladini per adempiere un desiderio del marito Bernardino Verardi, morto nel 1679. L’idea era quella di erigere un ricovero per aristocratiche decadute, vedove, nubili o mal maritate, permettendo loro di fare vita in comune secondo gli ideali cristiani. La chiesa è opera dello Zimbalo ma la bellissima scalinata settecentesca che la accompagna è frutto del genio del Manieri.

A cosa hanno mirato i restauri?

Si è trattato di un intervento urgente. La chiesa che, come il Conservatorio, è di proprietà comunale e viene data solo in uso alla confraternita a partire dal 1938, era in condizioni precarie da decenni. Già nel ʼ65 mons. Minerva aveva tentato un recupero ma senza ottenere gli effetti sperati. L’attuale restauro è stato rivolto soprattutto agli elementi esterni dell’edifico liturgico, come la facciata, il campanile, il soffitto ligneo, le murature. Molto si è lavorato poi al fine di ripristinare le originarie caratteristiche di interrelazione tra la chiesa ed il Conservatorio con la riqualificazione, ad esempio, di quegli ambienti in cui le ospiti della struttura assistevano alle funzioni religiose senza essere viste. L’interno invece, a parte la cantoria, è stato semplicemente pulito. Occorrerebbe dunque un’ulteriore opera di recupero dell’altare maggiore e dei quattro, splendidi, altari laterali nonché del notevolissimo patrimonio pittorico. Ma, per un lavoro così impegnativo, servono fior di quattrini.

A suo giudizio, com’è lo stato di salute attuale del barocco leccese?

L’odierno stato di salute del nostro barocco non è cattivo. È totalmente drammatico. Spiace dirlo perché è una tristissima verità ma la situazione è tragica. Non trovo altri aggettivi per descriverla. Gran parte della nostra ricchezza artistica è andata perduta nel corso del tempo. Quel poco che ci resta, che pure è un bene preziosissimo e bastevole per fare di Lecce una città davvero unica al mondo, si trova ora in uno stato di costante pericolo. Sarebbe sufficiente salire sulle impalcature per vedere da vicino la facciata del Rosario o di Santa Croce per rendersene subito conto. Ad esser sinceri la quasi totalità delle chiese del nostro centro storico chiede soccorso e necessita di essere salvata con interventi che si fanno sempre più urgenti perché spesso è mancata addirittura la semplice manutenzione ordinaria. Da parte mia non posso che augurarmi un’inversione di tendenza ed un maggiore amore per la nostra storia da parte di tutti.

Nella gallery la foto della pala d'altare, raffigurante Sant'Anna con Maria bambina, è di Arturo Caprioli.

 

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