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Allo scadere di questo 2023, dopo quattro anni dal 2019, il prossimo 2024 sarà bisestile e il mese di febbraio avrà 29 giorni anziché 28 come suo solito.

 

 

Tale prolungamento temporale lo renderà irregolare e lo connoterà di presagi calamitosi, disastrosi, rovinosi per l’umanità piccola, media o grande che sia. Non è un caso se l’anzidetto prolungamento sia motivo di ansia e inquietudine e, qualche volta, di rinnovata superstizione (o forse non lo è più?!?!). Che poi è indirizzata all’innocuo mese di febbraio, di per sé circondato da una fama oscura, sfavorevole, che rimanda al tempo dell’antica Roma quando si celebravano le feralia, la festa dei defunti. Nella cultura contadina, invece, il mese veniva definito curtu e maru, corto e amaro.

Ora sarebbe giunto il momento di soffermarsi sull’origine dell’anno bisestile e come si è giunti a quella correzione dell’anno astronomico, ma il ragionamento è talmente ingarbugliato che lo evito per non incorrere in descrizioni sbagliate. È facile rintracciarlo. Qui ricordo che la sua origine risale a Giulio Cesare in quale nel 46 a.C. impose un po’ di ordine alla caotica situazione del calendario romano per compensare la differenza creatasi con l’anno solare.

Come ho già accennato, un pregiudizio popolare sostiene che gli anni bisesti generalmente portino disgrazie e che le forze del male agiscano particolarmente.

Non è dello stesso parere la poesia seguente, tratta dal repertorio di uno dei maggiori poeti dialettali dell’Ottocento leccese Francesco Antonio D’Amelio (1775-1861):

 

L’annu tundu, l’annu paru            L’anno tondo, l’anno pari

Nardu miu, nun’e’ felice,              Leonardo mio, non è felice,

Ma ca e’ buenu l’annu sparu        Ma che sia buono l’anno dispari

Ogne strolegu lu dice.                  Ogni astrologo lo dice.

Perché, a ben riflettere…

Scùrrenu l’ure e bòlanu              Scorrono le ore e volano

Li giurni e nnu lli sienti,               I giorni e non li senti,

Li misi e l’anni scùrrenu              I mesi e gli anni scorrono

Cchiù pesciu de li ienti               Peggio dei venti.

Pare ca propriu pòrtanu             Sembrano proprio portare

Comu all’acieddhri l’ale:             Come gli uccelli le ali:

Ieri foi Santu Stefanu                   Ieri fu Santo Stefano

E moi ntorna e’ Natale                 Ed ora, nuovamente è Natale.

Ma l’anni anu e bèneneu,             Ma gli anni vanno e vengono,

Nu suntu comu a nui,                   Non sono come a noi uomini,

Ca se murimu - cuèrnate -           Che se moriamo - corna facendo -

Nu nci turnamu cchiui.                 Non torniamo più.

 

(F.A. D’Amelio)

 

Buon anno! Al prossimo!!!

 

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