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Tra pochi giorni Lecce tornerà a festeggiare i suoi santi patroni, sicché non ci si poteva esimersi dal ricordare la figura di colui che favorì tutto questo.

 

 

Fra l’altro è in atto un protocollo d’intesa tra la Pro loco di Lecce e la Pro loco di Pisciotta, in provincia di Salerno, paese natale di Luigi Pappacoda. Tale protocollo sancisce la possibilità di promuovere una figura storica che tanto ha operato nella città di Lecce ma che mai è stata dimenticato dalla sua cittadina natale.

Ma chi era il vescovo Luigi Pappacoda? Egli nasce il 20 settembre 1595, figlio primogenito del marchese Cesare e di Aurelia Della Marra. Ventiquattrenne si reca a Roma per intraprendere il percorso curiale e all’età di 44 anni giunge a Lecce, di cui governa la diocesi per un trentennio, sino al 17 dicembre 1670.

Giuseppe Cino così lo ricorda nelle sue “Memorie”: «il vescovo Aloisio Pappacoda, cavaliere napoletano, gran letterato e dottore dell’una e dell’altra legge […] amato e temuto». Grazie alla sua mano ferma, Lecce, già riconosciuta come seconda capitale del regno napoletano, potè avere il riconoscimento di città-chiesa. La sua presenza fu importante nel sedare l’accesa diatriba tra i Gesuiti e i Teatini che erano riusciti a schierare su fronti opposti alcune delle più influenti famiglie aristocratiche locali. Infatti, agli inizi del Seicento, era sorta una disputa tra i due ordini religiosi in merito alla figura di Sant’Irene. Lo scampato pericolo dalla peste nel 1656, fece sì, invece, che il popolo ne attribuisse i meriti all’antico martire Oronzo ed ai suoi compagni martiri Giusto e Fortunato, sulla base del processo che Pappacoda aveva condotto, raccogliendo testimonianze e miracoli attribuibili ai santi e facendone formalizzare il patronato con un decreto della Sede Apostolica. Lo stesso vescovo, il 25 agosto 1656, consacrò Porta Rudiae facendo diventare, di fatto, le mura urbiche «mura spirituali» che definivano, prima ancora di difendere, la Lecce Sacra, secondo la denominazione della nota opera dell'Infantino.

Grazie al Pappacoda, inoltre, il volto barocco della città si avvalse dell’opera di Giuseppe Zimbalo, detto lo Zingarello, attivo dal 1646 fino alla morte avvenuta nel 1710. Furono precipui i suoi interventi in materia di edilizia sacra come il rifacimento ex novo della cattedrale, l’innalzamento del campanile e l’ampliamento dell’episcopio. Nel trentennio di governo della diocesi, Pappacoda, detentore della più grande biblioteca cittadina del tempo, fu anche protettore della locale Accademia dei Trasformati e vigilò sull’educazione musicale del clero, favorendo l’impiego preferenziale di musicisti secolari o regolari, potenziando il patrimonio organario e intensificando l’uso di musiche sacre nelle celebrazioni religiose. Ma la figura di mons. Pappacoda rimane soprattutto legata alla diffusione del culto oronziano ed è proprio presso l'altare dei santi patroni che egli volle essere tumulato.  

*presidente Pro loco Lecce

 

 

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