In un tempo in cui parlare di famiglia sembra sempre più complesso, il Giubileo delle Famiglie, celebrato il 1° giugno scorso, ha riportato al centro dell’attenzione un messaggio chiaro e luminoso: la famiglia è ancora oggi un segno concreto dell’amore di Dio.

Papa Leone XIV, rivolgendosi ai fedeli, ha invitato a riscoprire il valore del matrimonio come scelta consapevole e come testimonianza viva di un amore che unisce, trasforma e dona vita. Ma che cosa significa, oggi, vivere e annunciare il “Vangelo della famiglia” in una terra come la Puglia, ricca di tradizioni, ma anche segnata dai cambiamenti sociali e culturali del nostro tempo? In questa intervista se ne parla con don Lorenzo Elia, sacerdote della diocesi di Oria, parroco di San Rocco a Ceglie Messapica e referente regionale della pastorale familiare. Con parole semplici e profonde, don Lorenzo accompagna il lettore in un viaggio dentro la realtà delle famiglie pugliesi, tra speranze e fragilità, ricordando che il vero cammino pastorale nasce sempre dalla vicinanza, dall’ascolto e dal desiderio di camminare insieme.
Don Lorenzo, lei da qualche anno è referente regionale della pastorale familiare della Puglia, qual è la sua percezione del Vangelo della famiglia oggi in Puglia? Quali le criticità e le prospettive future?
Dal 2023 condivido l’incarico regionale della pastorale familiare pugliese insieme ad una coppia di coniugi, Michele e Teresa Colacicco, della diocesi di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti. In questo tempo abbiamo avuto modo di conoscere le iniziative delle diocesi pugliesi in merito alla pastorale familiare, ma soprattutto di conoscere chi la fa quotidianamente. Sono le coppie ed i preti responsabili di questo servizio, talvolta portato avanti da anni, ma comunque sempre con molta passione. Ecco, se dovessi valutare il cammino del vangelo della famiglia dalla prospettiva degli evangelizzatori, non potrei che raccontare belle storie di cura dei contesti familiari, dell’accompagnamento dei cammini di fede di fidanzati e di sposi, delle proposte, talvolta molto creative, per contattare i disamorati della relazione coniugale o quanti hanno vissuto ferite a riguardo. E, comunque, al di là dei cosiddetti risultati di questa attività evangelizzatrice, quello che raccolgo, ogni volta che incontro gli incaricati diocesani, è il clima di comunione reale che si vive tra di noi. Mi sembra un’eco di quanto si diceva dei primi cristiani, secondo la narrazione di Tertulliano: «Guardate come si vogliono bene» (Tert., Apologeticum 39,7).
Nell’Amoris laetitia (AL) il matrimonio viene definito come un sacramento che «ha in sé una forza trasformante dell’amore umano». Papa Leone XIV ha definito il matrimonio «il canone del vero amore tra l’uomo e la donna: amore totale, fedele… amore che trasforma i coniugi in una carne sola e li rende capaci, ad immagine di Dio, di donare la vita per l’altro». Perché oggi, anche tra i cattolici, c’è una certa “difficoltà” a scegliere il matrimonio?
Potrei rispondere sbrigativamente a questa domanda, ricordando a noi tutti che i cattolici vivono in un contesto culturale, quello attuale, non favorevole alla stabilità delle relazioni, per cui l’opzione a favore della sacramentalità del matrimonio viene messa a dura prova. Ma mi rendo conto che questa risposta è insufficiente e che la domanda richiedeva qualcosa di più. Il «perché» di una crisi delle nozze sacramentali (sotto gli occhi di tutti) non fa riferimento solo al «perché avviene?», ma sposta l’attenzione al perché le nostre comunità cristiane siano, in genere, così disattente a tale fenomeno, al perché i contesti familiari di origine non aiutano ad un passaggio di testimone in merito alle unioni stabili e vissute nel Signore, al perché - anche tra gli stessi praticanti - l’ascolto del «vangelo della famiglia» incontra maggiori resistenze, rispetto, per esempio, al vangelo del buon samaritano o altro. Non mi sottraggo ad una possibile risposta: anche i cattolici oggi fanno fatica a scegliere il matrimonio sacramentale, perché in esso si celebra una chiara scelta identitaria. Potendo vivere la “cornice” del matrimonio in tante forme rituali differenti, viene messa a nudo la scelta del “quadro”. E il “quadro” del matrimonio cristiano è riconoscere come voluta da Dio creatore la differenza sessuale tra uomo e donna e, incredibilmente di più, credere che il Signore ha voluto consegnare a questa unione della dualità maschio-femmina la Sua immagine, come recita Genesi. Dio è relazione ed è relazione da sempre e “per sempre”. Di questa seconda dimensione partecipano per grazia gli sposi. Ma su questo annuncio biblico oggi facciamo fatica a trovare un accordo anche nell’ambito teologico.
Leggendo le statistiche e i dati dei tribunali ecclesiastici ci sono molti matrimoni che sono nulli per immaturità psico-affettiva. Come si spiega secondo lei questo dato che fa pensare? Come vede la possibilità di una maggiore sinergia tra il ruolo del parroco, degli operatori della pastorale familiare e della giustizia, tanto auspicato da Papa Francesco, circa la preparazione alla vita coniugale e la presenza più stabile e coordinata di servizi ecclesiali di accompagnamento, discernimento e integrazione (cfr. AL 244) delle situazioni di crisi coniugale o di fallimento matrimoniale?
Io non mi sorprenderei molto per il numero crescente di pratiche di nullità matrimoniale, inoltrate presso i tribunali ecclesiastici. Dicevamo prima del contesto socio-culturale in cui vivono i “candidati” alle nozze cristiane e si tratta di un contesto nel quale, seppure in maniera non lineare, proliferano le immaturità psico-affettive. Cosa potremmo aspettarci dunque? Se oggi la visione teologico-pastorale della vocazione al matrimonio è la visione di una misura alta, occorre che le premesse umane mature di tale progetto divino siano fortemente garantite. Gratia supponit sempre naturam. La chiesa cattolica, in merito al matrimonio, appare molto esigente, ma nello stesso tempo ha sviluppato nei secoli un agire prudenziale, che non impone una verità, ma fa verità nella vita degli sposi. L’itinerario di discernimento e di integrazione di tali storie di vita, proposto da Papa Francesco nel capitolo ottavo di AL, è di là da essere praticato fattivamente in tutte le chiese locali, ma ricordo che non sono passati ancora dieci anni dalla sua promulgazione. I tempi delle chiese non sono sempre come li vorremmo. Ma possiamo accelerarli con il nostro impegno fattivo. A tal riguardo, uno stimolo, tra alcune esperienze presenti in Puglia, potrebbe venire da quella dell’Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie, diocesi in cui, dal 2016, è presente un concreto servizio per l’accoglienza dei fedeli separati, come espressione ecclesiale di sinergia trasversale tra dimensione pastorale, umana e dimensione giuridica. Servizio interessante, che ha elaborato strumenti semplici, duttili e pratici, che possono risultare interessanti per quanti volessero intraprendere questa via tanto auspicata da papa Francesco in AL e nel Motu Proprio “Mitis Iudex Dominus Iesus”, documento con cui il Pontefice ha riformato la procedura della nullità matrimoniale. Insomma, un servizio che può essere preso a modello per incentivare maggiormente una pastorale della prossimità verso tante situazioni familiari di fragilità (divorziati, conviventi, divorziati risposati, ecc.), con cui non si può negare di avere a che fare nell’azione pastorale delle nostre comunità cristiane.
"Non il molto sapere sazia e soddisfa l’anima, ma il sentire e il gustare interiormente le cose" (AL 207). A quali condizioni i percorsi di preparazione al matrimonio possono soddisfare l’anima di chi vi partecipa? Cosa pensa di un possibile percorso catecumenale matrimoniale come stile per crescere nella capacità di comunicare la bellezza della vita matrimoniale in modo attraente e cordiale con i fidanzati?
Ritorniamo, in tal modo, alla domanda precedente. Per impedire che proliferino le cause introdotte per la nullità di matrimonio, una via è quella di aiutare i nubendi a celebrare da maturi nozze mature. Gli «Itinerari catecumenali per la vita matrimoniale», scritti dal Dicastero per i laici, la famiglia e la vita nel 2022, sono un documento, ma anche uno strumento pastorale formidabile, innovativo, forse un po’ troppo in avanti per il contesto ecclesiale attuale. Credo che dovremmo lavorarci sopra, come si suol dire, soprattutto come operatori pastorali. Moltiplicando occasioni per conoscerlo e per iniziare vie attuative, in cui donare il “nettare” di quel documento e, in generale, del «vangelo della famiglia».
*Responsabile del Servizio per l’accoglienza dei fedeli separati dell'arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie

