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La fede cristiana afferma che un vizio non è semplicemente un gesto, ma un atteggiamento. Vizio è qualcosa che è divenuto abituale nella nostra vita. Nel latino medioevale si dice che il vizio, così come la virtù, è un "habitus". Una singola azione cattiva, pur essendo sbagliata, è pur sempre occasionale. Ma quando un atteggiamento diviene abituale, vuol dire che ha iniziato a strutturare la nostra vita. Sta creando come una “dipendenza” in noi, per usare un termine moderno.
Lo stesso dicasi per la virtù. Una cosa è compiere un atto di carità, una cosa è diventare buoni. La virtù, come il vizio, struttura pian piano l’esistenza. Il vizio o la virtù sono qualcosa che camminano, che evolvono con la persona stessa.
Al centro della predicazione di Padre Antonio, quest'oggi, è il vizio di gola a tenere "la scena". Eppure sembrerà un paradosso... Nelle Scritture, infatti, il primo a sdoganare il cibo è stato proprio Gesù: la moltiplicazione dei pani e dei pesci, il miracolo alle nozze di Cana, il continuo invito a "sedersi a tavola" prefigurando così l'Eucaristia. Ma se il cibo è dono, abusarne diventa esasperante: ingordigia, insaziabilità, bisogno impellente di rimpinzarsi fino a scoppiare insomma.
Dunque est modus in rebus. Il vizio di gola abbraccia una casistica che va ben oltre ciò che il morto corpo incamera per saziarsi ed ha a che fare con tutte quelle forme di desiderio che degenerano in dipendenza.
Padre Antonio ben riassume i tratti essenziali di questo vizio, mentre si fa sempre più prossima la festa di un Santo, Antonio Abate, che ha rinunciato a tutto per trattenere a se soltanto l'essenziale per la sopravvivenza.

 

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