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Il prossimo 7 ottobre, don Giovanni Serio, parroco di Santa Maria della Porta in Lecce, celebrerà il suo 25.mo anniversario di presbiterato. A partire da oggi, Portalecce pubblicherà una serie di riflessioni sul sacerdozio ministeriale raccontando l’esperienza di don Giovanni fin dal sorgere della sua vocazione.

 

 

 

 

“Benedirò il tuo nome per sempre, o Signore”. Benedire il Signore per le meraviglie che Egli sempre opera con la forza del suo Spirito e, in particolare, per ciò che ha operato in un uomo che un giorno ormai lontano ha chiamato, e consacrato con l’unzione 25 anni fa, per inviarlo come presbitero al popolo di Dio, il carissimo don Giovanni. 

Aveva intrapreso un indirizzo scolastico che doveva essere una specializzazione utile e qualificata nel campo enologico, anche nel solco di una tradizione familiare non estranea al settore… Ma il Signore aveva disposto diversamente! L’esperienza di fede, ricca e gioiosa, condivisa nella comunità parrocchiale con tanti amici, giovani come lui, ma soprattutto la preghiera personale vissuta come un segreto profondamente nascosto nel cuore, ribaltarono la situazione e lo spinsero con coraggio e libertà interiore ad entrare in seminario per seguire la vocazione che sentiva prepotentemente affermarsi. Lo stupore e la meraviglia colse tutti gli amici dell’Azione cattolica quando egli stesso annunciò la sua decisione, in risposta alla chiamata del Signore, al termine di un campo-scuola a Campodolcino (SO), nell’estate del 1992.

Sei anni a Molfetta volarono presto e il 7 ottobre del 1998, nella piazza antistante la chiesa madre di San Pietro Vernotico, la solenne ordinazione presbiterale presieduta dall’arcivescovo Cosmo Francesco Ruppi, presenti anche l’arcivescovo Luigi Pezzuto e mons. Marcello Semeraro (oggi cardinale), da pochi giorni ordinato vescovo ma non ancora immesso nel servizio episcopale nella diocesi di Oria. Partecipò tantissima gente, più di 2mila fedeli, un vero popolo!

L’amore che muove la Chiesa (charitas Christi urget nos) ha posseduto l’animo di  Giovanni ed è diventato il motore del suo ministero; questo amore, nel ministero del presbitero si chiama “carità pastorale”: ciò che spinge a farsi tutto a tutti, a spendersi, a fare di sé un dono totale a Cristo e alla sua sposa. Basti vedere (cfr. Atti degli Apostoli) quale attività apostolica Paolo e Barnaba hanno realizzato…, certamente frutto della risurrezione del Signore: predicazione, viaggi missionari, servizi alle comunità dei fratelli, organizzazione della vita delle comunità stesse, ed anche continui pericoli, sofferenze, catene..., assunti come momenti integranti della vicenda di fede. Un esempio bellissimo! Mai tirarsi indietro: feriti? Incompresi? Rituffiamoci in Cristo! La novità si fa così, rimettendo sempre al centro la Pasqua del Signore.

Certo, è difficile anche per i sacerdoti vivere “la novità”; il nostro amore, il nostro tesoro lo abbiamo, ma lo portiamo in vasi di creta! Riconosciamo la sproporzione grande che esiste tra la nostra vita e la chiamata che viene da Dio: i contenitori del tesoro sono sproporzionati, troppo fragili! Il tesoro è il Vangelo e il ministero al quale ci ha chiamati è il frutto del Vangelo servito e annunciato, è la lettera scritta col dito dello Spirito. È in gioco la nostra coscienza, la nostra consapevolezza di questa distanza incolmabile, cui si aggiungono altre sproporzioni: il nostro nome, la nostra storia, i nostri limiti umani…Ma perché questa sproporzione? “perché appaia chiaramente che questa potenza viene da Dio e non da noi”; infatti, la nostra povertà non è per svilirci, per umiliarci, no! Ma per affermare la grandezza del Signore, affinché sia manifesta la potenza di Dio.

Con questa visione, nessuna forma di autosufficienza può avere spazio: il prete non deve cercare la gloria umana; la gloria umana è legata ad una condizione di potere, di superiorità, di celebrità ricercata…, la gloria divina, invece, passa attraverso l’umiltà che ci fa riconoscere che tutto viene da Dio: è Lui che suscita in noi il volere e l’operare secondo il Suo benevolo disegno. “Restituiamo al Signore Dio altissimo e sommo tutti i beni e riconosciamo che tutti i beni sono suoi” (s. Francesco d’Assisi, FF 47).

È ora il momento del rinnovato affidamento al Signore, carissimo don Giovanni: dopo 25 anni di grazia sperimentata, toccata con mano nell’esercizio del ministero, ravviva il dono di Dio che è in te e affidati anche alla comunità che guidi e che servi, continua a disegnare il volto di una Chiesa vicina alla gente, una Chiesa semplice e umile, una Chiesa eucaristica e veramente sinodale che, nell’amore e con la forza dell’evangelizzazione, riporti tutti alla speranza che non delude.

*vicario episcopale per l’economia

 

 

 

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