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Sabato 23 settembre alle 18,30 nella chiesa di Sant’Irene a Lecce, si svolgerà la manifestazione “Tukutane Ndadje”.

 

 

 

Invito che parte dalle nostre comunità keniane (il primo termine in swahili) e senegalesi (il secondo termine in wolof) per dire ai leccesi “Incontriamoci”, primo passo per abbattere i muri del pregiudizio, della diffidenza e della paura del diverso.

La manifestazione nasce dalla intesa, sottoscritta il 30 maggio scorso, tra il Liceo scientifico statale “Giulietta Banzi Bazzoli” e l’arcidiocesi di Lecce coinvolgendo diverse realtà territoriali di Lecce, come l’associazione Laici Comboniani, l’associazione Volontari Caritas Odv e l’Ufficio diocesano Migrantes. La manifestazione è pensata come un percorso d’incontro tra culture attraverso le creazioni sartoriali di Vivianne Agoya, i canti gospel della schola cantorum del Sacro Cuore di Lecce, i ritmi e la musica senegalese del gruppo waalo e i brani di prosa e poesia africana offerti dagli studenti del “Banzi”.

La serata si aprirà con il benvenuto da parte dell’arcivescovo Michele Seccia e della dirigente scolastica del liceo, Antonella Manca, per poi svilupparsi su tre momenti, frutto della proiezione del vissuto da migrante della stilista Agoya: il richiamo delle radici, i colori della mia africa e oltre la mia africa. Gli abiti che saranno presentati e descritti uno ad uno, sono il frutto di una riuscita creazione artistica, di pace e fratellanza, tra l’interiore africano natio e l’interiore da migrante in terra straniera.

L’obiettivo della manifestazione è quello di trasmettere quanto sia bello e utile adoperarsi per costruire un mondo interculturale rispetto al subire passivamente un mondo multiculturale individualista, divisivo e ghettizzante.

Il 23 settembre è la vigilia della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, voluta da Papa Benedetto XV 109 anni fa, che quest’anno ha visto il messaggio di Papa Francesco soffermarsi in particolare su “Liberi di partire, liberi di restare…” (LEGGI IL TESTO INTEGRALE). “È necessario uno sforzo congiunto dei singoli Paesi e della comunità internazionale per assicurare a tutti il diritto a non dover emigrare, ossia la possibilità di vivere in pace e con dignità nella propria terra. Si tratta di un diritto non ancora codificato, ma di fondamentale importanza, la cui garanzia è da comprendersi come corresponsabilità di tutti gli Stati nei confronti di un bene comune che va oltre i confini nazionali”. È questa una verità che tocca tutti noi salentini, perché viviamo quotidianamente il migrare dei nostri figli che non trovano in patria le condizioni giuste ed eque per realizzare se stessi, condizioni che altri paesi europei ed occidentali, in particolare, sono in grado di garantire.

 

 

 

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