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È una splendida mattina di sole quella di lunedì 5 dicembre scorso, quasi un preludio all’esperienza che gli alunni della classe quinta primaria del Centro Montessori di Lecce stanno per vivere nel giorno in cui si è celebrata la Giornata Internazionale del volontariato.

 

 

 

In occasione di tale ricorrenza, è prevista un’uscita didattica presso la Casa della Carità, definita dagli stessi alunni il cuore pulsante della capitale mondiale del barocco, frase riportata sul messaggio che i ragazzi hanno consegnato ai volontari della struttura, quale semplice ma sentita attestazione di riconoscenza per quanto essi fanno e, soprattutto, per tutto ciò che essi sono per l’intera comunità.

Diamo voce alla solidarietà è il titolo scelto per la ricorrenza di quest’anno, ed è quello che nel loro piccolo gli alunni hanno provato a fare una volta giunti presso la Casa a bordo del pulmino messo a disposizione dall’associazione Opera frati e soru. Ad attenderli c’era Ferman, un ragazzo di origini curdo irachene, un tempo ospite della struttura di cui è divenuto il custode, il quale ha accompagnato il gruppo classe nella cucina in cui due distinte signore, Stefania e Stefania, erano intente a preparare fusilli al pesto e cotoletta, con contorno di insalata, per le 134 porzioni previste per quel giorno.

In ossequio al titolo della ricorrenza, la classe ha provato a dare voce alla solidarietà ponendosi in ascolto delle testimonianze delle signore, interrotte ogni tanto dalle interessate domande poste dai ragazzi. Incantati dalla cristiana umanità sottesa ai gesti ed al sorriso delle volontarie, sono rimasti ammirati per i talenti ed il tempo da loro donato, e sono stati invitati dalle stesse a tornare per sperimentare ancora la gioia che si prova nel farsi prossimo al cospetto dell’umanità indigente.

Il diacono Mario Renna, uno dei responsabili della Casa della Carità di Lecce ha illustrato le diverse attività della struttura, permettendo loro di cogliere, nella sua esemplare disponibilità, la fraterna testimonianza di vita cristiana propria di chi vive quotidianamente in prima linea a stretto contatto con gli invisibili della società.

Modus operandi, quello del diacono, che sembra aver coinvolto anche lo stato d’animo e lo stile degli ospiti, divenendo, per virtuosa contaminazione, modus vivendi riverberato in un ambiente in cui convivono uomini e donne provenienti da ogni angolo del pianeta. Il concetto di pluralità, all’interno della Casa, sembra costituire lo status quo della normalità, laddove i ruoli tra gli ospiti assistiti e quelli degli operatori volontari appaiono confondersi da divenire indistinti, alienando ogni sorta di differenza tra coloro che nella struttura orbitano per dare e quanti si accingono a ricevere.

Mario, tuttavia, non ha fatto mistero delle difficoltà che incombono sulla complessa gestione della struttura, confidando che, nei momenti in cui il peso dei problemi assume una portata insormontabile, non manca l’occasione per rivolgere ulteriormente lo sguardo al cielo nel raccoglimento di un angolo predisposto per la preghiera all’interno del suo studio.

I ragazzi hanno poi vissuto, a stretto contatto con i volontari della Casa, diversi momenti del servizio svolto dagli stessi, contribuendo personalmente alla composizione del pacchetto del pranzo, e, di propria iniziativa, hanno avvertito il vivo desiderio di aggiungere in ogni pacchetto un piccolo dolcetto ed un biglietto contenente un augurio di speranza e di incoraggiamento per ogni destinatario del pranzo, per poi partecipare alla distribuzione dello stesso mediante una piccola catena umana creata ad arte e culminante all’esterno della struttura. L’altra attività in cui sono stati personalmente coinvolti è stata quella in cui hanno servito il pranzo a tavola per gli ospiti soggiornanti all’interno della Casa, ovvero per coloro che stabilmente alloggiano al piano superiore.

L’esperienza è stata propizia per introdurre un percorso di crescita volto all’educazione emotiva ed allo sviluppo dei principali valori morali ed esistenziali degli alunni, sperimentando in prima persona la complessità che caratterizza la realtà circostante, dalle contingenze della precarietà a quelle della solidarietà, in un contesto come la Casa della Carità in cui i concetti e le nozioni tendono ad acquisire un immediato significato pratico, e le ragioni di senso si traducono in esperienza vitale.

Si può ritenere, quindi, che l’iniziativa sia da replicare sia per l’entusiasmo dimostrato dai ragazzi quanto per le ampie opportunità formative di cui sono foriere le esperienze didattiche di tale portata, tanto per la crescita sotto l’aspetto culturale e pedagogico quanto per la proficua ricaduta sotto il profilo morale ed esistenziale, affinché gli alunni possano maturare sul campo le competenze chiave per la vita, ossia quelle competenze trasversali che in termini di consapevolezza, autonomia e responsabilità divengono basilari per uno sviluppo costante ed integrale della loro personalità.

 

 

 

Forum Famiglie Puglia