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“Il caporalato è mafia”. È con queste parole che oggi il ministero per le Politiche agricole, Teresa Bellanova, ha bollato il fenomeno che continua a dilagare nelle campagne. Anche nel Salento.

Bellanova ha parlato del caporalato illustrando le linee programmatiche del dicastero in un’audizione alle commissioni riunite alla Camera, dove ha toccato i diversi punti nevralgici del settore, dal clima alla lotta agli sprechi alimentari e al ricambio generazionale.

“Come tale - ha continuato il ministro riferendosi sempre al caporalato -, va combattuto per garantire il rispetto dei diritti dei lavoratori e salvaguardare migliaia di imprese oneste che subiscono la concorrenza sleale di chi sfrutta. Vogliamo lavorare per la piena applicazione della legge 199 del 2016, approvata senza voti contrari anche da molti di voi qui presenti oggi. Dobbiamo attuarlo tanto nella parte della repressione quanto nella prevenzione del fenomeno”. Da qui una prima decisione: “Insieme alle ministre Catalfo e Lamorgese abbiamo stabilito di attivare il Tavolo interistituzionale, che si riunirà il 16 ottobre, e adottare quanto prima il Piano nazionale triennale di contrasto e prevenzione del caporalato”.

Le parole del ministro sono arrivate nel giorno in cui sono state effettuate nuove operazioni di contrasto al fenomeno nelle campagne del Mezzogiorno. In particolare in Basilicata sono state riscontrate “condizioni brutali e disumane” nelle quali vivevano centinaia di migranti regolari nell’area del Vulture Melfese. I migranti erano costretti a lavorare 12 ore al giorno per pochi euro (retribuiti solo alla fine del periodo del raccolto), oltre che a pagare l’acqua, la ricarica della batteria del cellulare e i servizi igienici nella baraccopoli dove erano costretti a vivere.

I migranti, con permesso di soggiorno e con contratti regolari, ma mai registrati, vivevano ammassati in una baracca indicata come “casa gialla” e reclutati dai caporali per una paga di circa quattro euro per ogni cassone raccolto (di circa tre quintali di peso, con una media di 25 casse al giorno per migrante). A questa cifra andava tolta la percentuale dei caporali (circa il 10%) e anche il “gettone” di 50 centesimi necessario per andare in bagno, per poter ricaricare la batteria del cellulare, oppure per lavarsi, che i migranti pagavano anticipatamente di tasca loro. Una situazione drammatica resa ancora più assurda dalla presenza, nell’area, di una struttura d’accoglienza che i migranti erano però costretti ad evitare. Le indagini sono durate due anni, anche su vicende che risalgono al 2014.

Circa le politiche generali per l’agricoltura, Bellanova ha spiegato di voler “uscire da una logica emergenziale per agire con una visione progettuale di lungo periodo, perché l’Italia ha bisogno di una nuova strategia agricola da scrivere insieme”.

 

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