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Silicon Valley Bank (Svb) è la 16ª banca Usa, non è piccola. Ma non grande come la fallita Lehman Brothers che nel 2008 mise in ginocchio clienti, dipendenti e mercati finanziari in una crisi che è entrata nei libri di storia.

 

 

 

Lehman era almeno tre volte più grande, le sue attività più intrecciate con i mercati globali. Eppure, la chiusura d’urgenza della banca californiana, decisa venerdì dalle autorità, segnala che molte cose non vanno in un modo di fare finanza “a debito”. Farsi prestare denaro presuppone di ottenere importanti ricavi e poi abbondanti utili in grado di restituire il denaro e ripagare gli interessi. Già non è facile in tempi normali. Figuriamoci quando i tassi di interesse, come in questo periodo, salgono rapidamente in tutto il mondo.

Lo sanno bene bene le famiglie alle prese con mutui variabili più onerosi del previsto. Che cosa sta succedendo? Per sintetizzare al massimo, se chiedo prestiti per avviare un’attività e il costo del denaro (cioè gli interessi) è basso aumentano le possibilità “di farcela”; se invece gli interessi salgono devo saper reggere quell’aumento di costo. Svb, dal 1983, era la banca della Silicon Valley che prestava denaro a tutte le iniziative innovative, le startup (giovani aziende molto legate alle tecnologie, con casi di successo ma anche molte chiusure o precarietà) e ai fondi di venture capital (capitali di ventura) che entrano nelle stesse nuove imprese per accompagnare la crescita. Occorre fiducia che ora sta calando. Dalle prime rilevazioni Svb era fortemente sbilanciata in aziende e fondi specializzati, prestava denaro e ne accoglieva i depositi. Quindi il successo della banca era legato a quel momento rampante, molto rischioso e affascinante per i giovani imprenditori impegnati a diventare ricchi grazie alle idee innovative. Una simbiosi molto forte. L’aumento dei tassi di interesse produce un altro effetto: chi ha soldi preferisce spostare i propri investimenti sulle obbligazioni ore più remunerative, pure rischiose ma molto meno delle azioni o gli investimenti in nuove aziende, e fa mancare flussi di finanziamenti di cui aveva goduto l’intera area californiana. La crisi, anche se l’inchiesta è stata appena avviata ed è stato nominato un commissario, sembra legata all’aumento dei tassi di interesse, dallo spostamento verso le obbligazioni e anche dalla presunzione degli “utili attesi”. Cioè aziende che chiudono in perdita, in pareggio o con utili deludenti che promettono però, con il supporto di qualche esperto, utili futuri strabilianti.

Che cosa ha provocato la deflagrazione della banca di Santa Clara? Nell’ultima settimana la banca ha venduto in tutta fretta buona parte delle sue obbligazioni per recuperare dei fondi da restituire a chi aveva chiesto di riavere i depositi, dichiarando una perdita di 2 miliardi di dollari su 21 miliardi di titoli venduti. E aveva chiesto nuovi fondi per far fronte alle richieste di chi, allarmato, chiedeva di rientrare. Nel giro di poche ore, nel timore di una crisi, molti hanno chiesto di riavere i loro soldi.

La responsabile del Tesoro, Janet Yellen (ex numero uno della banca centrale Fed) ha bloccato tutto, per garantire i depositi fino a 250mila dollari delle famiglie e gestire in modo ordinato la crisi evitando contagi. Anche a vantaggio di chi ha investito nelle Borse di tutto il mondo, in netto calo venerdì. Nei mesi scorsi era fallita, sempre in California, la Silvergate Bank molto legata alle criptovalute. Altro investimento ad altissimo rischio entrato in crisi con il rialzo dei tassi. Non è chiaro quanto le alte onde californiane danneggeranno altre aree, comprese le coste europee. Certo l’aumento dei tassi, che non si è concluso, metterà in difficoltà chi ha acceduto nell’indebitamento.

 

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