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“L'ennesimo atto intimidatorio ai danni di don Antonio Coluccia è un fatto che si commenta da sé. Sta forse dando fastidio? Vuole scombinare i disegni di qualcuno?".

È il primo commento a caldo dell'arcivescovo Seccia alla notizia rimbalzata ben presto nella mattinata di ieri della scoperta fatta dalla stesso sacerdote: la sua auto a Specchia crivellata di colpi di pistola l'altra notte.

"Ho conosciuto don Antonio personalmente - prosegue l'arcivescovo di Lecce -  e posso testimoniare che quello dice, come anche quello che fa, corrisponde allo spirito della sua missione. Non si tratta di coraggio, ma di coerenza e presa di coscienza di un prete, di un uomo che davanti a determinate realtà non esita a denunciare illegalità e soprusi. Mi sono confrontato qualche volta con lui. E se da un lato gli ho consigliato prudenza, dall’altro l'ho incoraggito a non tacere".

"Don Coluccia conosce bene - continua Seccia - il modo di agire di determinati personaggi o gruppi criminali e, qualcuno di loro, con ogni probabilità, si sente disturbato dalla sua azione. L’impegno sul fronte della legalità e contro la mafia deve essere l’impegno di ogni sacerdote, di ogni vescovo, di ogni cittadino. Egli ha fatto una scelta e da anni si dedica alla ricerca della verità, alla difesa dei deboli, di quelli che subiscono soprusi per mano di illeciti e di poteri illegali. E questo suo impegno rientra totalmente nel suo ministero pastorale".

"Quello che è accaduto - sostiene il metropolita del Salento - mi preoccupa al pari di qualsiasi atto di prepotenza, di qualsiasi sopruso che mira a far tacere una persona che denuncia il malaffare non tanto per farsi pubblicità quanto piuttosto per fare un servizio al bene comune e alla società".

"C'è da augurarsi - è l'auspicio di Seccia - che l’esempio di don Coluccia possa essere di stimolo per tutti quanti noi. Non per improvvisare uscite estemporanee ma per trovare la forza, davanti alla presa di coscienza di azioni illegali, di denunciare. Prudenza e coraggio non sono in contrapposizione. La prudenza è necessaria per non esagerare nella denuncia e il coraggio serve per dire la verità".

"La vetrina di un’attività commerciale - scende con determinazione nel concreto l'arcivescovo di Lecce - , ad esempio, non salta in aria da sola. Dunque, chi è in grado di contribuire alla verità, deve denunciare e testimoniare. La legalità non è una missione che spetta solo alle forze dell’ordine. E chi assume atteggiamenti omertosi non ha diritto di lamentarsi, non può aprire bocca. Ancor più un prete per essere fedele alla sua missione non può fare finta di nulla, non può girarsi dall’altra parte: altrimenti è inutile fare prediche o parlare di bene comune".

"Sostegno totale - conclude - a don Antonio Coluccia. Conosco bene lo spirito che lo anima. Lui sa come gestire i propri movimenti e la propria libertà. Ed è consapevole dei rischi che comporta. Ma non rinuncia alla propria responsabilità che, prima ancora che denuncia, è passione per il vangelo che è verità e liberazione dal male. Prima che coraggioso, don Coluccia è coerente con la sua missione”.

 

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