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Il fatto è grave. Gravissimo. Nottetempo, tra il 30 e 31 gennaio, uno o più balordi si sono introdotti nella chiesa del Carmine, a Lecce, nel centro storico, di fianco al palazzo del Rettorato dell’università e hanno profanato l’Eucarestia.

 

 

Dolore e preoccupazione per quanto accaduto sono stati i sentimenti che il “delitto” ha provocato nel cuore e nella mente dell’arcivescovo Michele Seccia, in questi giorni fuori città in quanto partecipa ad un corso di esercizi spirituali con un gruppo di sacerdoti della diocesi a Santa Cesarea Terme. Per questo ha scritto una lettera (LEGGI IL TESTO INTEGRALE) rivolgendosi non solo ai sacerdoti ma all’intera comunità diocesana.

“Il can. 1382 della vigente legislazione canonica - scrive Seccia - è molto chiaro rispetto alla profanazione delle specie consacrate: la pena comminata a chi si macchia di questo crimine è la scomunica latae sententiae”.

“La vicenda accaduta – prosegue l’arcivescovo nella missiva -, non deve solo sdegnarci ed intercettare la nostra disapprovazione, ma deve porci in un atteggiamento di vigilanza, di riflessione, di verifica. Ciò che è accaduto, non può essere considerato in maniera circoscritta, spesso invece è manifestazione di un cortocircuito educativo che è in atto, e che non permette - soprattutto alle fasce più giovani della nostra società – di vivere in maniera libera ed equilibrata le dimensioni relazionali fondamentali che riguardano la persona umana”.

“La Chiesa che vive la sua duplice vocazione di maestra e madre – sottolinea -, ci invita ad adottare la logica della corresponsabilità come antidoto all’indifferenza; essa non chiude le porte della misericordia di Dio neanche verso coloro che per un momento di lucida follia hanno compiuto tali gesti.  In questi casi, anche l’azione disciplinare più severa, ha sempre come fine la salvezza delle anime e, come medicina, vuole curare le patologie spirituali.

“A motivo di questo - conclude il pastore -, è mio desiderio, che il prossimo 2 febbraio, nella festa della Presentazione al Tempio del Signore, in tutta la diocesi e in ogni chiesa aperta al culto, sia celebrata la santa messa in riparazione per quanto accaduto, pregando per la conversione di coloro che hanno commesso questo delitto e per la nostra conversione, che sempre viene richiesta dal Signore ai suoi discepoli”.

La condanna per il terribile gesto non chiude, dunque, le porte alla necessità di provare a recuperare terreno. Attraverso la preghiera e il sacrificio dell’altare, sicuramente, ma soprattutto attraverso un esame di coscienza che chiama in causa la testimonianza di fede di ogni cristiano, di cui l’Eucarestia, come altre verità, sono il fondamento. La fonte sacramentale della vita della Chiesa in quanto memoria viva della Pasqua del Signore.

 

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