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Si è tenuta ieri sera, nella cattedrale di Lecce gremita di fedeli, la Veglia di Pentecoste, che celebra la discesa dello Spirito Santo, nel cinquantesimo giorno dal giorno di Pasqua.

 

 

Con il canto d'introduzione, la processione d'ingresso è stata aperta dal cero pasquale e dal libro dei Vangeli. La Veglia - trasmessa in diretta da Portalecce Tv (GUARDA) - è stata presieduta dall'arcivescovo Michele Seccia, con la partecipazione di Padre Giovanni Giannicolo, protoprebitero della Chiesa greco ortodossa di Lecce; di Padre Ovidio Grancea, parroco della chiesa rumeno ortodossa di Lecce e del Pastore Tommaso Carpino, che guida una delle chiese pentecostali a Lecce. Presenze volute dall’arcivescovo per dare un senso ecumenico alla celebrazione e per pregare insieme per la pace.

Durante i riti iniziali, l'arcivescovo Michele Seccia ha introdotto la Veglia e il rito del lucernario rivolgendosi ai presenti quali "pellegrini verso il regno, confortati dalla luce della Parola e dalla testimonianza di Gesù, certi che non ci sarà più la notte e non avremo bisogno di luce di lampada", mentre dalla fiamma del cero pasquale la luce si propagava attraverso le decine di fiammelle delle candele consegnate ai fedeli, rischiarando così la Cattedrale. Il rito è culminato con l'accensione delle sette candele al candelabro a sette braccia presente al centro dell'altare e con il canto del Gloria. Durante la liturgia della parola, dopo le cinque letture e i salmi dall'Antico Testamento e dalla lettera di San Paolo apostolo, e il vangelo di San Giovanni, l'arcivescovo ha tenuto la sua omelia, riflettendo sull'importanza di essere un solo corpo e un solo spirito.

"La Veglia di Pentecoste vuole essere un momento grande e importante per il cammino che è in corso durante questo anno pastorale in tutta la Chiesa come in tutte Chiese locali - ha sottolineato l'arcivescovo -. Si tratta di un cammino che deve essere vissuto all'insegna di un impegno e di uno sforzo sinodale, un colloquio, per far emergere le esigenze del popolo di Dio. Ciascuno deve farsi voce della famiglia, della comunità, del gruppo di preghiera cui appartiene, affinché la vita di fede diventi un'esperienza condivisa nelle nostre comunità, giungendo conseguentemente al vescovo e ai parroci per diventare un dialogo fecondo, se animato dallo Spirito Santo". E ancora "La nostra vita deve essere luminosa, non per presunzione ma per condivisione. Non ne sappiamo più degli altri, ma possiamo contagiare gli altri con con la gioia che portiamo dentro dopo l'incontro con Gesù Risorto. Il Signore viene sempre per consolarci, per darci pace".

"Quando parliamo di sinodo, come ne parla insistentemente Papa Francesco, ‘dal basso’, non è una riduzione ma piuttosto una incarnazione: il verbo si è fatto carne, per rendersi ancora più visibile, comprensibile, più a misura di uomo, pur restando vero Dio e vero Uomo. Se qualche frase delle letture "rimbalza" dentro, mentre leggiamo o ascoltiamo, quella è la prova che lo Spirito è in azione. Allo Spirito che si incarna chiede a ciascuno di riconoscersi, di non essere anonimi, ma unici. L'esperienza sinodale allora diventerà un'esperienza spirituale: non problemi materiali o spirituali, ma crescita nella fede, che per noi coincide in questo anno di grazia, il Giubileo oronziano, duemila anni dalla nascita del nostro santo Oronzo. Dobbiamo chiedere la grazia di rimanere in sintonia con il Signore".

Da qui la motivazione dell'idea dell'arcivescovo, rivelata proprio durante l'omelia di questa Veglia di Pentecoste: nel giorno del suo compleanno, domani 6 giugno alle 17, in diretta sulla pagina Fb di Portalecce, l'arcivescovo, padre e pastore della diocesi, sarà a disposizione per ascoltare e rispondere ai lettori (LEGGI).

"Quante domande, quante riserve mentali ci sono tra i fedeli, i credenti: discutiamone, allora sarà Pentecoste - ha spiegato l'arcivescovo. Viviamo l'esperienza dell'ecclesialità, dell'incontro tra popolo e pastori, consacrati e non consacrati, tutti radicati nell'esperienza della Resurrezione di Cristo. Ritroviamo quindi la speranza, che non deve venire mai meno, sostenuti dalla Madre del Salvatore".

Dopo l'aspersione dell'assemblea con l'acqua benedetta, per far memoria del battesimo, molto suggestiva è stata l'invocazione plurale tenuta dai Pastori delle chiese greco ortodossa, rumena e pentecostale, suggellata dal canto del Magnificat, per ricordare la presenza di Maria nel cenacolo, e dalla benedizione, seguita infine dal canto del Regina coeli.

Racconto per immagini di Arturo Caprioli

 

 

 

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